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Recensione Henry Miller Tropico del Cancro
Di Francobrain
Purtroppo, nel nominare Henry Miller si pensa subito a "letteratura oscena". Si tratta invece di un autore interessantissimo e "umano troppo umano".
Ho conosciuto diversi individui - obbligatoriamente dediti loro stessi alla scrittura - che mi hanno nominato uno o più titoli di Miller tra i loro preferiti in assoluto: 'Big Sur', 'Tropico del Cancro', 'Tropico del Capricorno'... Io forse sono l'unico ad aver fatto una pubblicità accanita per 'Plexus', opera di oltre 600 pagine che scoprii a 16 anni e che ancora oggi suscita in me un grande entusiasmo.
La seconda opera milleriana che prediligo è 'Primavera nera' (leggetevela! Sembra essere stata scritta da un Céline newyorkese). Da non trascurare nemmeno il pirotecnico 'Tropico del Capricorno', cronaca del suo inferno personale nel Leviatano newyorkese. E poi ovviamente ci sono i suoi due lavori più "classici", ovvero 'Il tempo degli assassini' (dedicato a Rimbaud) e 'Il colosso di Maroussi' (un omaggio alla Grecia, alla sua cultura e ai suoi abitanti).
La prima volta che lessi il 'Tropico del Cancro' ne
rimasi quasi deluso. Essendo ancora molto giovane, mi sgomentò, quasi, la piattezza - a tratti - della prosa e, soprattutto, lo squallore delle scene ivi descritte. Soltanto con il tempo potei afferrare l'importanza che quest'opera ebbe per il divenire dello scrittore -orgogliosamente autodidatta- Henry Miller.
Un'interpretazione di Miller - l'artista - potrebbe forse essere questa: tutti i suoi libri sono autobiografici e, per contenuto, forma, stile e consistenza, sfuggono ai canoni comuni. Essi sono, ad un tempo, romanzi "e" saggi.
Miller si snuda per parlarci, con candore disarmante, di sé, dei suoi rapporti con gli amici e con le amanti e mogli (delle quali Mona è la
mattatrice indiscussa), e ovviamente delle sue letture, molto disordinate. Sebbene costretto dai venti dell'esistenza a patire fame ed umiliazioni, non perde mai la sua 'joie de vivre'. Si muove tra realismo (prostriboli e ghetti sociali) e metafisica (biblioteche, studiolo privato, la Brooklyn della sua infanzia). E' decisamente avanguardistico, ma potrebbe anche benissimo essere un monaco amanuense. Si contraddice, torna sui propri passi, e, in un fiume di rivelazioni, scoperte, verità e oscenità, ci abbaglia con la sua vitalità. Racconta tutto, fin nei minimi particolari: ogni scena, ogni episodio; ma sempre - 'bien entendu!' - senza minimamente rispettare l'ordine cronologico degli avvenimenti.
Una prosa invero impulsiva e fluente, la sua. Come dimostrano, del resto, certi stralci di 'Tropico del Cancro', che - vi assicuro - alcuni
individui di mia conoscenza saprebbero citarvi a memoria.
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Consiglio 1: leggete questo romanzo solo dopo aver assimilato la 'Crocefissione in rosa' ('Sexus', 'Plexus' e 'Nexus').
Consiglio 2: procurarsi il video o DVD del film
del 1970 'Tropico del Cancro' diretto da Joseph Strick e interpretato dal grande Rip Torn: non vi troverete le "porcherie' del libro, ma potrebbe rappresentare un'ottima anticipazione della lettura.
Di francobrain
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