Biografia Wanda Marasco |
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Wanda Marasco (Napoli, 1953) è una scrittrice, attrice, regista e insegnante italiana. Laureata in Filosofia, ha studiato regia all'Accademia d'Arte Drammatica Silvio D'Amico di Roma. Ha iniziato la sua carriera come poetessa, distinguendosi per uno stile visionario e barocco, pubblicando raccolte come "Gli strumenti scordati" (1977) e "Voc e Poè", vincitrice del Premio Eugenio Montale nel 1997.
Nel 2003 ha esordito nella narrativa con "L'arciere d'infanzia", che le è valso il Premio Bagutta Opera Prima. Ha pubblicato "Il genio dell'abbandono" (2015), finalista al Premio Strega, e "La compagnia delle anime finte" (2017), anch'esso finalista al Premio Strega.
Ha insegnato Lettere a Scampia, collaborando con la compagnia teatrale "Gli Ingiullarati". Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Miradois nel 2016, e ha partecipato a diverse antologie poetiche e iniziative teatrali.
Wanda Marasco è una figura poliedrica della scena culturale napoletana. La sua opera si distingue per una ricerca linguistica intensa e una narrazione densa di introspezione, capace di coniugare il senso dello smarrimento esistenziale con la profondità poetica.
Nata e cresciuta a Napoli, Marasco ha esplorato nelle sue opere il rapporto tra individuo e ambiente, scavando nelle radici arcaiche della città e nelle matrici psichiche che legano le persone ai luoghi. La sua carriera letteraria si è consolidata con il romanzo "Il genio dell’abbandono", ispirato alla vita dello scultore Vincenzo Gemito, figura emblematica di un’estetica che fonde genialità e tormento. Marasco ha scelto Gemito come protagonista per la sua capacità di incarnare la volontà, la catastrofe e il sogno umano, restituendo la figura dell’artista come tramite tra creatura e paesaggio, origini e destino.
La lingua svolge un ruolo centrale nella produzione di Marasco. Nei suoi romanzi, l’autrice crea un impasto linguistico che mescola italiano e dialetto napoletano, in un’osmosi drammatica che restituisce la veridicità della parlata e l’introspezione psicologica dei personaggi. Questa scelta stilistica non è una semplice “tinta dominante”, ma un vero e proprio personaggio linguistico che riflette la complessità della città e dei suoi abitanti.
La tematica dell’abbandono e della perdita attraversa tutta la sua opera, sia in prosa che in poesia, intrecciandosi con il conflitto secolare tra natura e ragione, materia e spirito, cognizione e dolore. Il dialetto napoletano diventa così il mezzo espressivo privilegiato per dar voce alle tensioni interiori e al dramma esistenziale dei personaggi.
Accurata nella resa grammaticale e ortografica del dialetto, Marasco ha seguito documenti e lettere di Gemito per ricreare fedelmente il linguaggio dell’artista, conferendo forza espressiva anche agli errori, che diventano parte integrante della sua estetica. La musicalità della lingua, paragonabile a una partitura vocale, accompagna il lettore anche quando la comprensione letterale si fa difficile, lasciando spazio alla fascinazione sonora e all’immaginazione.
Rivolta ai giovani scrittori, Marasco offre consigli semplici ma fondamentali: leggere di tutto, scrivere per necessità interiore, aspettare il tempo della decantazione e non temere la riscrittura. La sua visione del romanzo, che sia napoletano o di qualsiasi altra latitudine, supera ogni etichettatura, esaltando la potenza espressiva della parola come veicolo di verità e bellezza.
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