Biografia Vincenzo Gioberti |
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Il filosofo, teologo, sacerdote e uomo politico Vincenzo Gioberti, nacque a Torino il 5 aprile 1801 figlio di Giuseppe, un piccolo borghese di condizione economiche modeste, che lo lasciò orfano in giovane età. Sotto l’influenza della madre, una donna di forti sentimenti religiosi, Gioberti. intraprese un percorso d’educazione e studi ecclesiastici, presso i Padri Oratoriani, culminato con la laurea in teologia nel gennaio 1823 e l’ordinazione a sacerdote nel marzo 1825.
Nel 1826 egli fu nominato cappellano di corte ed, in seguito, entrò progressivamente nella vita sociale e politica del Piemonte dell’epoca, dapprima allacciando rapporti con la società segreta dei Cavalieri della Libertà, d’orientamento costituzionalista liberale moderato, poi collaborando, sotto lo pseudonimo di Demofilo, con la rivista di Giuseppe Mazzini dal1805 al 1872, La Giovine Italia.
. Tuttavia le sue idee filosofiche panteistiche e, soprattutto, il pensiero politico d’ispirazione repubblicana mazziniana, lo misero in cattiva luce: fu, infatti, arrestato dalla polizia nel giugno 1833, e, dopo qualche mese di carcere, costretto ad andare in esilio nel settembre dello stesso anno.
Visse quindi per ben quindici anni all’estero, dapprima a Parigi, poi lungamente a Bruxelles, dove campò come insegnante e scrivendo svariati trattati filosofici e politici. La sua fama è soprattutto legata alla pubblicazione, nel 1843, del trattato “Del primato morale e civile degli Italiani”, dedicato a Silvio Pellico. Accolto in maniera molto fredda, se non ostile dal mondo ecclesiastico. In particolare, esso diede inizio ad un’annosa polemica tra Gioberti e l’ ordine dei gesuiti, che proseguì con le “Prolegomeni al Primato” del 1845,” Il Gesuita Moderno” del 1847 e “l’Apologia del Gesuita Moderno” del 1848, e che portò, qualche anno dopo, alla messa all’Indice dei suoi libri.
Sempre al periodo franco-belga risalgono alcuni suoi scritti polemici contro Antonio Rosmini “Errori filosofici di Antonio Rosmini”, del 1842, ”Felicité de Lamennais“, del 1840) e contro il filosofo hegeliano francese Victor Cousin
Nel 1846 il re sabaudo Carlo Alberto (1831-1849) proclamò un’amnistia, ma Gioberti., che nel frattempo si era trasferito a Parigi, non ne usufruì e fece ritorno in patria solo nel 1848, il 29 aprile, dopo un rientro a Torino, a Gioberti,. fu offerto un seggio di senatore, ma egli preferì quello di rappresentante nella Camera dei Deputati del regno di Sardegna, di cui fu eletto primo presidente.
Poco dopo Gioberti. divenne capo del governo piemontese, tuttavia lo scoppio della seconda fase della 1° guerra d’indipendenza e le polemiche con gli altri ministri sulla sua proposta di restaurare il Granduca di Toscana e il papa,scacciati dai moti popolari del 1848 dai loro rispettivi troni, misero fine alla sua carriera politica. Non piaceva, tra l’altro, la sua idea di una federazione di stati italiani sotto la presidenza del papa, che gli valse il titolo di neo-guelfo.
Dopo la sconfitta di Novara del 23 marzo 1849, il nuovo re Vittorio Emanuele II re di Sardegna: 1849-1861; re d’Italia: 1861-1878 offrì a Gioberti. un incarico diplomatico a Parigi, dove si trasferì e da dove non fece mai più ritorno in Italia. A Parigi Gioberti, compose l’altra sua opera fondamentale dopo il “Primato morale e civile”, “il Rinnovamento civile d’Italia”; morì per un colpo apoplettico il 26 ottobre 1852.
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