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Biografia Sumaya Abdel Qader
Sumaya Abdel Qader
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Sumaya Abdel Qader è nata a Perugia da genitori giordano-palestinesi, è una sociologa e attivista per i diritti delle donne e per l'integrazione dei figli di immigrati. Cresciuta tra due culture, si è trasferita a Milano a vent'anni, dove si è laureata in Biologia, Mediazione Linguistica e Sociologia. Ha lavorato con associazioni come Aisha, a sostegno delle donne musulmane vittime di violenza e discriminazione.

Nel 2016 è diventata la prima consigliera comunale musulmana del Comune di Milano, impegnandosi per la coesione sociale e contro le discriminazioni. È autrice di diversi libri, tra cui Porto il velo, adoro i Queen (Sonzogno, 2008), che racconta l’esperienza di essere una giovane musulmana in Italia, e ha ispirato un film omonimo. Ha inoltre pubblicato Quello che abbiamo in testa (Mondadori, 2019) e In cerca di me (Mondadori, 2023), il suo esordio nella narrativa per ragazzi. È stata consulente per le ultime stagioni di Skam Italia e si definisce una hakawati, una raccontastorie.

Sumaya incarna una complessa identità plurale, frutto dell'incontro tra due culture, quella italiana e quella palestinese. La sua esperienza di vita è caratterizzata dalla capacità di conciliare queste due realtà, nonostante i pregiudizi e i giudizi ricevuti sia dalla società italiana che da quella araba. Cresciuta in un contesto dove era l'unica bambina di origine straniera nella sua scuola, ha affrontato con coraggio e riflessione momenti di crisi e interrogativi identitari. Ha scelto di portare il velo da giovanissima, a 13 anni, decisione che inizialmente suscitava curiosità folkloristica, ma che oggi, come racconta, è spesso caricata di pregiudizi e significati negativi. Sumaya sottolinea come il velo, per lei e molte donne musulmane, sia il risultato di un percorso spirituale personale, distante dagli stereotipi diffusi.

Nel suo libro, Sumaya esplora le sfide di vivere in una società che fatica a riconoscere le identità ibride e multiculturali come la sua. Racconta episodi di vita quotidiana che evidenziano la diffidenza, ma anche la curiosità degli altri, come quando le persone non le chiedevano indicazioni per strada, credendo che non conoscesse l'italiano, o quando bambini le chiedevano incuriositi se avesse i capelli sotto il velo. Tuttavia, Sumaya vede nella società contemporanea una maggiore apertura, soprattutto tra i giovani, che vivono sempre più spesso in ambienti multiculturali.

Attraverso il suo ruolo istituzionale e il lavoro nelle scuole, Sumaya promuove dialogo e conoscenza reciproca per abbattere stereotipi e paure. Crede fermamente che l'Italia sia una terra di identità plurali, un luogo dove le differenze possono convivere armoniosamente, ma solo se sostenute dalla consapevolezza e dall'inclusione.

L'intervista racconta il percorso e le idee di una donna musulmana e femminista che esplora il significato della scelta del velo e il ruolo delle religioni nella società contemporanea. Per lei, il velo rappresenta una decisione personale e spirituale, risultato di un percorso interiore, nonostante i pregiudizi che lo associano a oppressione o mancanza di femminilità. Critica i modelli come quello francese, che vietano l'ostentazione di simboli religiosi nello spazio pubblico, proponendo invece una visione laica inclusiva, dove la diversità religiosa può coesistere visibilmente.

Nel suo libro, usa un personaggio per raccontare esperienze personali e collettive, sfidando stereotipi sulla condizione delle donne musulmane, sia nella coppia che nella vita pubblica. Contrariamente al pregiudizio diffuso, sottolinea come le donne velate abbiano un forte contatto con la propria femminilità e sensualità, dimostrando che non esiste un'unica narrazione sulla vita delle donne musulmane.

In ambito politico, sta portando avanti iniziative culturali e sociali, come progetti per persone affette da Alzheimer o demenza cognitiva. Attraverso attività artistiche e teatrali, queste iniziative offrono un modo innovativo di vivere e valorizzare le capacità sensoriali delle persone fragili, aiutando anche le loro famiglie. Il suo lavoro riflette una visione che unisce cultura, inclusione e impegno sociale, puntando a superare le barriere culturali e a promuovere il dialogo tra diverse identità.

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