Biografia Silvio Gava |
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Silvio Gava, morto a Roma, a 98 anni, porta con sé un pezzo della vecchia Dc. Si era ritirato dalla politica attiva nel 1976, per non ostacolare l' ascesa del figlio Antonio. Lucido fino all' ultimo, ha affidato i suoi ricordi all' autobiografia pubblicata l' estate scorsa dall' editore Avagliano. Il racconto di una vita spesa nella Democrazia Cristiana e, ancora prima, tra i popolari di don Luigi Sturzo, descrive la parabola di un potente. Capostipite di un gruppo politico familiare accusato del più spregiudicato clientelismo. Intransigente anticomunista. Architrave di un partito che a Napoli, e nel Mezzogiorno, impose la sua legge per mezzo secolo. Undici volte ministro (Industria, Tesoro, Giustizia, Riforma della pubblica amministrazione), Gava fu per quasi dieci anni capogruppo della Dc a Palazzo Madama. Si schierò con De Gasperi contro Dossetti, con Moro contro Fanfani. Costruì le sue fortune svuotando dall' interno, e rimpiazzando, l' egemonia di Achille Lauro a Napoli. Fu l' intuizione vincente. Il crollo del laurismo, nel 1959, gli spianò la strada. Di temperamento battagliero, scaltro, "un mastino", lo definì Nenni. Di sé raccontava: "Padre Pio, in un incontro spirituale, mi raccomandò di non chiedere mai cariche, ma di non rifiutarle mai". All' insegna di questa filosofia costruì una rete di appoggi nel potere statale e parastatale, dalla Cassa per il Mezzogiorno allo Svimez, dalle' Ente Porto al Banco di Napoli. Così Gava consolidò il suo dominio, trasmesso poi al figlio Antonio, il solo che ne avesse seguito le orme. Nacque a Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, il 25 aprile 1901, ma visse soprattutto a Castellammare di Stabia. Nella cittadina alle porte di Napoli giunse da profugo della Grande Guerra, sfollato dalla linea del fronte, e lì piantò le sue radici. Si sposò, ebbe otto figli, conseguì a Napoli la laurea in Giurisprudenza. Cominciò l' attività politica nel 1919, iscrivendosi al Partito popolare. Don Sturzo, con cui strinse un sodalizio, lo spedì nelle campagne di Salerno a organizzare le leghe bianche dei contadini. Fu il suo apprendistato di dirigente cattolico e sindacalista antifascista. A Castellammare, città dei cantieri navali dalla radicata tradizione operaia, organizzò la Lega degli arsenalotti. Da lì spiccò il balzo verso il parlamento, alle elezioni del 18 aprile 1948. Fu eletto senatore, carica che ricoprì ininterrottamente fino al 1972. Ma i tempi per conquistare il regno di Lauro non erano ancora maturi. Nel 1951 diventò sottosegretario al Tesoro nel settimo governo De Gasperi. Da ministro, attraverso le grandi mediazioni con le Partecipazioni statali per trapiantare le industrie nel Mezzogiorno (l' Alfasud), visse la stagione dei miliardi a pioggia per la costruzione di case, autostrade, infrastrutture. Si affermò nella Dc che, dopo De Gasperi, si trasformava in una costellazione di correnti e centri di potere. "Fu testimone di un secolo di storia, ha svolto un ruolo fondamentale nella ricostruzione del paese nella democrazia", ha detto di lui, ieri, il presidente del Senato Nicola Mancino. - di OTTAVIO RAGONE
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