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Biografia Pietro Secchia |
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Pietro Secchia nacque a Occhieppo Superiore, nel Biellese, il 19 dicembre 1903 da famiglia operaia. Frequentato il ginnasio, fu costretto già nel 1917 a cercarsi un lavoro ed entrò come impiegato in una conceria.
Militante sin dal 1919 della FIGS, partecipò attivamente alle lotte del primo dopoguerra nelle file del movimento operaio, in contatto anche con il gruppo dell'Ordine nuovo e come aderente alla frazione comunista del partito socialista. Nel 1920 come impiegato nella fabbrica di cinghie Varale di Biella fu licenziato per avere solidarizzato con gli operai in occasione di uno sciopero; passato a un nuovo impiego presso la manifattura Scardassi nell'agosto del 1922, fu licenziato nuovamente per avere partecipato allo «sciopero legalitario», uno degli ultimi sussulti con i quali il movimento operaio ormai sconfitto cercò di ostacolare la marcia del fascismo.
Convinto sostenitore della necessità di fronteggiare il fascismo con una opposizione dura nelle fabbriche, nei campi e nelle piazze, nel gennaio del 1921 S. passò con la maggior parte della federazione giovanile socialista, all'atto della scissione di Livorno, al PCI, del quale doveva diventare ben presto uno dei più tenaci organizzatori e prestigiosi esponenti.
Come già aveva incominciato nel volume La lotta della gioventù proletaria contro il fascismo, pubblicato nel 1931 a Berlino a cura dell'internazionale giovanile comunista, S. non cessò mai, soprattutto nell'attività pubblicistica degli ultimi anni della sua esistenza, di sottolineare il significato dell'esperienza compiuta nella Federazione giovanile socialista (e poi nella Federazione giovanile comunista) considerando il passaggio dei giovani al neocostituito PCI una delle componenti politiche (e non soltanto generazionali) essenziali alla formazione del nuovo partito.
Membro sin dalla fondazione del direttivo della federazione comunista biellese, trascorse i primissimi anni della dominazione fascista fra stenti e persecuzioni; subì una prima condanna per detenzione abusiva di munizioni per pistola alla fine del 1922; arrestato una prima volta nel 1923 e associato al primo grande processo contro i dirigenti comunisti, fu rilasciato e costretto a lasciare il Biellese.
Si trasferì allora a Milano, dove alternò il lavoro come manovale muratore all'attività politica come segretario della FGCI milanese e membro del Comitato centrale della federazione giovanile comunista. Nel dicembre 1923 fu costretto ad emigrare in Francia, dove prestò la sua opera come imbianchino prima, come operaio in fabbrica a Parigi in un secondo momento, assistito dal Soccorso rosso e senza mai perdere il contatto con la gioventù comunista francese.
Nel maggio del 1924 fu chiamato in Italia dalla direzione della FGCI per essere inviato come delegato al V Congresso dell'Internazionale comunista: nel giugno successivo si recò infatti a Mosca per prendere parte sia al V Congresso dell'Internazionale, sia al parallelo IV Congresso dell'Internazionale giovanile comunista, sia «alle riunioni della commissione italiana che all'ordine del giorno aveva l'entrata dei terzinternazionalisti nel PCI», come egli stesso avrebbe avuto occasione di ricordare. E risale a quella stessa occasione un suo commosso ricordo di G.M. Serrati, con il quale rientrò in Italia nel luglio 1924 «varcando insieme clandestinamente la frontiera svizzera».
Al IV Congresso dell'Internazionale giovanile fu eletto membro del comitato esecutivo dell'IGC, ma non prese mai possesso del suo posto a Mosca. A questo proposito lo stesso S. ha scritto: «Nel 1930 mi si chiese di restarvi [a Mosca] per un certo tempo con la prospettiva di andare a lavorare nell'America latina. Declinai l'offerta, sostenendo che il mio posto di lavoro era in Italia». Una dichiarazione che riflette lo stato d'animo, la visione politica e tutta intera la personalità di Secchia.
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