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Biografia Nikolaj Leskov
Nikolaj Leskov
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Nikolaj Semënovic Leskov nacque a Orlov nel 1831. Rimasto or fano del padre, fu costretto dalle ristrettezze economiche a ab bandonare gli studi. Lavorò prima come copista, poi al servizio dell'amministratore di un ricco proprietario terriero, accumulando nel quotidiano contatto con la gente del popolo una esperienza preziosa per il suo futuro lavoro di scrittore. Nel 1860 cominciò l'attività di pubblicista. Nel 1862 un articolo sull'incendio di Pietroburgo gli procurò l'ostilità degli ambienti progressisti. Le cose da lui scritte furono interpretate (univocamente) come filo-ortodosse, ciò che gli valse la benevolenza della corte, dalla quale Leskov ottenne una sinecura al consiglio dell'istru zione. Con il passare degli anni l'anti-tradizionalismo e l'elemento satirico dei suoi racconti si fecero più evidenti, ciò per cui Leskov fu sospeso dall'incarico e si avvicinò progressivamente ambienti radicali. Morì a Pietroburgo nel 1895. Gli ambienti progressisti si risentirono per le prime cose pubblicate da Leskov. In particolare i primi due romanzi, Non c'è via d'uscita (1864) e Ai ferri corti (1871), furono interpretati come un attacco alle loro posizioni. Ignorato dalla critica del tempo, Leskov acquistò una discreta popolarità con la trilogia di «cronache» romanzate sull'immagina ria città di Stargorod: Anni vecchi a Plodomasovo (1869), Una fa miglia decaduta (1874), e soprattutto I parrocchiani (1872) noto anche con il titolo "I preti di Stargorod", incentrato sulle fi gure dell'arciprete Tuberozov, un puro sempre in lotta con l'ipocrisia e la burocrazia ecclesiastica, e del diacono Achilla, un popolano schietto e esuberante. Sono i romanzi e racconti di vita ecclesiastica scritti da Leskov fino al 1880, che furono inter pretati univocamente come una positiva presa di posizione a favore dell'ortodossia religiosa. Dopo, gli elementi antitradizionali e satirici dei suoi racconti si fecero più evidenti, per cui Leskov finì in disgrazia. Oltre a "I parrocchiani", la fama di Leskov è legata a una vasta serie di racconti. Tra essi Il viaggiatore incantato (1873) narra le picaresche avventure di un vagabondo, avventuriero suo malgrado, incalzato da un terribile incantesimo. Un viaggiatore anziano, vestito da novizio, racconta la sua vita ai passeggeri di un battello sul lago Ladoga. Egli, Ivan Sever'jannyc Fljagin, si è da poco fatto monaco per sciogliere un voto di sua madre. In passato era stato un grande conoscitore di cavalli e a questo fatto deve quasi tutte le sue peripezie: è nella casa padronale che da bambino impara a a domare cavalli selvaggi e indemoniati, di cui si innamora come se fossero esseri umani. Nella sua candida narrazione delle più diverse avventure, spiccano il racconto dei lunghi anni passati in un accampamento di tartari nella steppa, senza poter fuggire: nella steppa tra le tende dei Tartari, nelle terre estreme coperte di pietre erbe e sale fino al mar Caspio, apprende che il più ricco allevatore è potente quanto lo zar, e che per la bellezza di una velocissima giumenta le genti delle orde barbare si sfidano in gare cruente che ne assegnano il possesso tra reciproche scudisciate. L'accoglienza e la crudeltà delle tribù tartare si trasformano per Ivan il Testone in una prigionia che dura dieci anni durante la quale il viaggiatore alimenta una struggente nostalgia per la madre Russia. Ma i suoi ospiti-carcerieri, seguaci di un dio bellicoso, lo hanno storpia to e gli hanno assegnato varie mogli per incorporarlo nel loro gruppo. Lo scintillio delle saline che brillano da lontano sulle steppe «piumose» diventa per il prigioniero più assillante di una allucinazione. Gli anni trascorrono lenti tra le iurte dei tarta ri piantate nei campi di assenzio e di santoreggia e i branchi di cavalli selvaggi, e si interrompono un giorno con una rocambolesca fuga tra i fuochi d'artificio che proteggono Ivan fino all'arrivo in una comunità di cristiani che bevono vodka e si fanno il segno della croce. Ivan si guadagna da vivere girando per le fiere come guaritore di cavalli, ma cade schiavo della vodka. A liberare Ivan è un inquietante Magnetizzatore. Nel cuore di Ivan il Testone il «demonio dello smarrimento» sostituisce il «demonio ubriacone». Soggiorna presso un prìncipe allevatore di cavalli. Quando il principe si incapriccia della bellissima zingara Gruscia e poi l'abbandona incinta al suo destino, Fljagin si mette in cerca di lei. L'ingenuo vagabondo continua a vedersela con il diavolo che fa capolino nelle scuderie, tra le assi di un palcoscenico, in trincea nella guerra contro i tartari. Ivan ritrova la sua zingara così infelice che la uccide per pietà. Dopo altre avventure entra in convento. Lì, dopo molti giorni di peni tenza e colloqui con diavoli maggiori e dispettosissimi diavolet ti minori, scopre di possedere il dono profetico. E ora viaggia, su consiglio del superiore, predicando, quando è ispirato, sulla prossima venuta di una terribile guerra, e pregando per gli uomini. Ambientato tra i «Vecchi credenti» è invece L'angelo sigillato (1873), pittoresco resoconto del ritrovamento di una icona confi scata dall'autorità. Il sequestro delle icone avviene a causa di una controversia giudiziaria. Le icone sono quelle venerate da un gruppo di raskolniki , i "vecchi credenti" staccatisi dalla chiesa ortodossa per protestare contro la corruzione del clero. Su una delle icone, un angelo di grande pregio e bellezza, viene apposto un sigillo. I raskolniki fanno di tutto per riavere l'angelo si gillato. Un ingegnere inglese, capo del cantiere presso il quale essi lavorano, li aiuta a raggiungere il loro scopo intercedendo tra l'altro presso l'arcivescovo, che alla fine perdona i raskol niki e li invita a rientrare nella chiesa. In questo racconto, l'atmosfera cristiana del miracolo è ingegnosamente contaminata con una vena di thrilling poliziesco. Altro capolavoro dello stile e dell'humour leskoviani è Il fabbro mancino e la pulce d'acciaio (1882), che racconta la gu stosissima storia di una sfida di abilità tra i fabbri inglesi e gli artigiani russi. Negli ultimi tempi Leskov identificò il suo «nuovo cristiane simo», anticlericale e esclusivamente etico, con l'insegnamento tolstojano. In questo spirito scrisse, attingendo alla tradizione biblica popolare, numerosi racconti bizzarramente barocchi e fan tasiosi, di vita primitiva cristiana: La montagna , Il brigante di Ascalon , La bella di Aza . La grande originalità della prosa di Leskov, che nei suoi scritti usò largamente la tecnica dello skaz , il discorso in pri ma persona che sembra improvvisato, con volute sciatterie e gar bugli sintattici, risiede nel linguaggio, sempre reinventato e ricreato sulla base del vastissimo materiale dei dialetti russi, dei gerghi professionali, e perfino delle deformazioni popolare sche del linguaggio comune o dell'altisonante slavo ecclesiasti co. I suoi racconti, che evitano ogni notazione psicologica d'at mosfera, attingono alle fonti più antiche dell'arte russa: dalla scrittura densa e impersonale delle "Cronache" a quella sanguigna e intensa del protopop Avvakum e al meticoloso virtuosismo arti gianale degli oscuri pittori di icone. All'originalità dello stile fa riscontro l'anticonvenzionalità dei temi. Narrando di contadini, vagabondi, prostitute, preti e mercanti, Leskov sfugge dall'atteggiamento esteriore di pietà aristocratica tipica della contemporanea produzione letteraria umanitaria, per tentare di recuperare dall'interno, attraverso le sue strutture di pensiero e di linguaggio, il materiale umano dei suoi racconti. La sua opera, per l'assenza di un messaggio sociale esplicito e per l'attenzione prioritaria data ai problemi dello stile, spicca nel panorama della letteratura di tendenza civile della seconda metà del XIX secolo. Essa fu rivalutata in pieno solo da Gor'kij, e successivamente studiata e presa a modello dai critici formalisti, che la indicarono come uno dei vertici della narrati va russa. Tratto da Antenati

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