Biografia Leo Moulin |
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Leo Moulin (1906-1996)
Leo Moulin si definiva ?agnostico? ma è stato uno dei più grandi apologeti del cristianesimo e della civiltà europea. Cresciuto nel più assoluto laicismo riteneva di essere uno storico oggettivo e, a partire da questa oggettività, non riusciva a comprendere come i cristiani si fossero ridotti così male da vergognarsi di una storia gloriosa. «Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l'essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza; a instillargli l'imbarazzo, quando non la vergogna, per la loro storia. A furia di insistere, dalla riforma sino ad oggi, ce l'hanno fatta a convincervi di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzato nell'autocritica masochista, per neutralizzare la critica di ciò che ha preso il vostro posto». Leo conosceva l?italiano in modo assolutamente perfetto. Trascrissi personalmente una sua conferenza tenuta a Sondrio. Aveva parlato a braccio e rimasi stupefatto alla fine del mio lavoro. Non si doveva cambiare una parola, l?italiano era scorrevole, senza ripetizioni, quasi avesse letto una relazione già scritta. Del resto aveva avuto modo di conoscere bene l?Italia fin da giovane . Amico dei fratelli Rosselli era un collaboratore della resistenza e, per questo, venne arrestato dai fascisti alla stazione Centrale di Milano. Finì a Regina Coeli dove ebbe uno degli incarichi di cui restò sempre più orgoglioso, quello di bibliotecario del carcere. Durante i suoi viaggi in Valtellina, nonostante avesse ormai superato gli ottant?anni aveva la passione dell?esploratore e non si tirò mai indietro, neppure quando c?era qualche dura salita come in Val Lunga di Tartano per vedere la frazione Al Cost oppure a Castello dell?Acqua a cercare funghi. Nessuno come lui aveva avuto modo di studiare la regola di San Benedetto ?di cui ammirava il rispetto e la conoscenza dell?uomo- e il monachesimo medioevale. Con Gianluigi Garbellini lo accompagnammo a S.Pietro in Vallate e a S.Pietro di Teglio e grazie alle su indicazioni riuscimmo a comprendere meglio l?avventura delle comunità dei monaci di Cluny, sia dl punto di vista religioso che da quello civile. Ai monaci dobbiamo molto del nostro modo di vivere e di mangiare (tra l?altro inventarono lo champagne, la birra, la maggior parte dei formaggi) e, forse anche per questo, Leo diventò un profondo conoscitore della cucina europea (Cfr. L?Europa a tavola, Mondadori, Milano 1993). Fu vicepresidente dell?Association belge des chroniqueurs de la gastronomie et du vin e rimase colpito dalla ricchezza della nostra cucina. Dobbiamo a lui la scoperta della gastronomia come importante fattore culturale. ?Non mangiamo con i denti ?ha scritto- e non digeriamo con lo stomaco; mangiamo con la mente e assaporiamo i cibi secondo norme culturali legate al sistema di scambi reciproci che è alla base della vita sociale?.
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