Biografia Ignazio Buttitta |
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Ignazio Buttitta, nato a Bagheria [Palermo] il 19 settembre 1899 (morto a Bagheria il 5 aprile 1997) è stato un interessante scrittore di poesie in dialetto siciliano (area palermitana). Autodidatta, ha fatto diversi mestieri: garzone di macellaio, salumiere, grossista di alimentari, rappresentante di commercio.
Il 15 ottobre 1922, alla vigilia della "marcia su Roma" fascista, capeggiò nel suo paese una sommossa popolare. Nello stesso 1922 fondò il circolo di cultura popolare "Filippo Turati". Fino al 1928 fu condirettore del mensile palermitano di letteratura dialettale «La Trazzera», soppresso dal fascismo. Nel 1943 Bagheria fu bombardata e Buttitta, per allontanare la famiglia dai pericoli della guerra, si trasferì a Codogno (Milano). Pensò di tornare da solo in Sicilia, ma lo sbarco anglo-americano gli impedì di attraversare lo stretto di Messina. Durante la permanenza in Lombardia partecipò alla lotta clandestina; fu arrestato due volte dai fascisti. Alla fine della guerra tornò in Sicilia, ma trovò i suoi magazzini di generi alimentari saccheggiati. Per vivere (aveva già 4 figli) fu costretto a tornare in Lombardia e a fare il rappresentante di commercio. Nel 1960 potè tornare a Bagheria, la sua casa di Aspra, di fronte al mare di Palermo, fu luogo d'incontro per poeti provenienti da tutte le parti del mondo.
Buttitta cominciò a pubblicare prima della guerra: Sentimentale (Sintimintali, 1923) con prefazione di G. Pipitone Federico, e il poemetto Marabedda (1928). Dopo è un periodo di silenzio ufficiale, anche se le sue poesie continuarono a circolare clandestinamente sotto il fascismo. La sua prima poesia antifascista fu pubblicata nel 1944, nel secondo numero di «Rinascita»
In lui è stato un vigoroso impegno umano e sociale, risolto a volte in toni troppo magniloquenti. Un tipo di retorica che si è accentuata nelle raccolte posteriori agli anni '60: Il pane si chiama pane (Lu pani si chiama pani, 1954) che ebbe la traduzione in versi di Salvatore Quasimodo e le illustrazioni di Renato Guttuso, La pelle nuova (La peddi nova, 1963) con prefazione di Carlo Levi, La paglia bruciata (1968) con prefazione di Roberto Roversi e nota di Cesare Zavattini, che rimangono le sue cose migliori. Sono seguite: Io faccio il poeta (1972) con prefazione di Leonardo Sciascia e che ebbe il premio "Viareggio", Le pietre nere (1983). Una rielaborazione di un'opera teatrle di autore anonimo è Il cortile degli Aragonesi (1974).
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