Biografia Han Kang |
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Han Kang (nata nel 1970 a Gwangju, Corea del Sud) è una delle voci più originali della letteratura contemporanea, capace di esplorare con audacia i confini tra corpo, mente e natura. La sua opera "La vegetariana" (2007), tradotta in italiano da Adelphi e vincitrice del Man Booker International Prize nel 2016, ha segnato una svolta nella narrativa mondiale, portando al centro una storia di resistenza silenziosa e metamorfosi impossibile.
Nel 2018, Han Kang fu ospite della Scuola Holden di Torino, dove presentò il romanzo in un dialogo arricchito dalla mediazione linguistica e culturale dell’interprete Lil Wayne Berti e dalla partecipazione dell’ex-studente Giulia Filippone, che lesse alcuni passaggi del libro. L’evento, reso possibile dall’editore Adelphi, divenne un momento di riflessione collettiva sulle tematiche care all’autrice: l’identità, la violenza, e il desiderio di fuga da un mondo opprimente.
"La vegetariana" è diviso in tre atti, ciascuno narrato da una figura vicina alla protagonista, Yeong-hye:
1. "Il marito", uomo conformista che interpreta il rifiuto della carne da parte della moglie come una minaccia alla sua normalità.
2. "Il cognato", artista ossessionato che vede nel corpo di Yeong-hye il mezzo per un’opera scandalosa.
3. "La sorella", l’unica che cerca di comprendere, ma il cui amore si scontra con l’irraggiungibilità di Yeong-hye.
Yeong-hye stessa non ha voce diretta: la sua ribellione si esprime attraverso il corpo, i sogni e il progressivo abbandono dell’umano.
Han Kang rivelò che l’ispirazione per il romanzo nacque da un’immagine improvvisa: "Una donna che si trasforma in pianta". Questa visione affondava le radici nella cultura coreana, dove il concetto di rinascita e connessione con la natura è profondamente radicato. Citò il poeta Yi Sang, che scriveva: "Gli esseri umani dovrebbero essere piante", e ammise che la domanda sulla crudeltà umana l’ha accompagnata fin dall’infanzia, dopo aver vissuto indirettamente il trauma del massacro di Gwangju (1980).
I temi chiave sono la violenza" (fisica, psicologica, sociale) come elemento ineludibile dell’esistenza; il desiderio di purezza, rappresentato dal vegetarianesimo di Yeong-hye, che diventa un rifiuto totale della carne umana; l’incomunicabilità, perché nessuno dei narratori comprende davvero la protagonista; la natura ambivalente, che nel capitolo finale appare sia come rifugio che come forza spietata.
Han Kang combina un realismo crudo con elementi onirici, creando un effetto di straniamento che ricorda Kafka e le atmosfere di Yōko Ogawa. La sua scrittura, visiva e frammentata, costringe il lettore a interrogarsi su cosa significhi "essere umani" in un mondo che impone costanti compromessi.
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