Biografia Gesualdo Bufalino |
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Nato il 15 novembre 1920 a Comiso, Gesualdo Bufalino si è rivelato tardivamente al mondo letterario - grazie soprattutto al "lancio" fatto dall'amico Leonardo Sciascia - con il breve romanzo "Diceria dell'untore" (1981), in cui una degenza in sanatorio negli anni dell'immediato dopoguerra è evocata con un ricco impiego di mezzi stilistici, tale da toccare esiti tra barocchi ed espressionisti.
D'altronde, questo modo atipico di affacciarsi nel panorama delle lettere, l'ottenere il successo letterario solo alla fine della vita, o addirittura dopo la morte, non è un fatto isolato nel panorama della letteratura del Novecento ma ha coinvolto anche personaggi come Tomasi di Lampedusa, Italo Svevo, o Campana.
Gesualdo Bufalino, negli anni oscuri del suo anonimato, ha sempre vissuto sulla falsariga di una straordinaria tensione intellettuale. Affascinato sin da ragazzino dalla parola scritta e dai libri, trascorreva ore nella piccola biblioteca del padre, fabbro ferraio con l'hobby della lettura. Incappato fortunosamente in un vecchio vocabolario, ne reinventò la funzione come fantastico strumento di gioco e di apprendimento.
Al liceo, che frequentava inizialmente a Ragusa e poi dal 1936 a Comiso, ebbe come insegnante d'italiano Paolo Nicosia, valoroso dantista e allievo tra i prediletti del Cesareo.
Nel 1939 Bufalino vinse per la Sicilia un premio di prosa latina bandito dall'Istituto nazionale di studi romani, con ricevimento a Palazzo Venezia da parte di Benito Mussolini.
Intraprese gli studi universitari a Catania, nel 1942 fu costretto a interromperli perché chiamato alle armi.
Nel 1943, sottotenente in Friuli, fu catturato dai tedeschi all'indomani dell'armistizio. Riuscì tuttavia a fuggire e a nascondersi per un po' nelle campagne di Sacile, per poi raggiungere gli amici in Emilia, dove visse i mesi convulsi della fine del regime dando lezioni private.
Alla fine del 1944 si ammala di tisi e viene ricoverato all'ospedale di Scandiano; qui un medico assai colto gli mette a disposizione un'imponente biblioteca. Dopo la Liberazione si reca a Palermo, in un sanatorio della Conca d'Oro, dal quale esce finalmente guarito nel 1946.
Intanto riprende gli studi e si laurea in lettere nell'ateneo di quella città.
Tra il 1946 e il 1948 grazie al coetaneo Romano pubblica un gruppo di liriche e prose su due periodici lombardi, "L'Uomo" e "Democrazia"; più tardi, nel 1956, collaborerà con alcune poesie a una rubrica del Terzo Programma della RAI. Ma a questa pur promettente carriera letteraria egli rinunciò quasi subito, optando per una vita semplice e ritirata, dedita alla ricerca interiore.
Dal 1947 fino alla pensione si dedicò comunque all'insegnamento in un istituto magistrale di Vittoria, senza mai allontanarsi dal paese natio se non per brevi evasioni. Intorno al 1950 comincia a lavorare a un romanzo, quello che sarà il vertiginoso "Diceria dell'untore" ma non va oltre l'abbozzo; lo riprende portandolo a termine nel 1971, sottoponendolo quindi a una decennale revisione.
La pubblicazione di questo capolavoro, avvenuta come ricordato nel 1981 (Bufalino aveva ormai sessantuno anni), preceduta dalla splendida introduzione a un libro di vecchie fotografie (Comiso ieri, 1978) e da alcune pregevoli traduzioni dal francese, si trasforma immediatamente in un autentico caso letterario, culminato nel conferimento del premio del Campiello.
Il decennio successivo è caratterizzato da una frenetica attività produttiva che spazia dalla poesia ("L'amaro miele", 1982) alla prosa d'arte e di memoria ("Museo d'ombre", 1982), dalla narrativa ("Argo il cieco", 1984; "L'uomo invaso", 1986; "Le menzogne della notte", 1988, premio Strega) agli elzeviri e alla saggistica ("Cere perse", 1985; "La luce e il lutto", 1988; "Saldi d'autunno", 1990), dagli aforismi ("Il malpensante", 1987) alle antologie ("Dizionario dei personaggi di romanzo", 1982; "Il matrimonio illustrato", 1989, in collaborazione con la moglie).
Gesualdo Bufalino muore il 14 giugno 1996, nella sua Comiso, a causa di un drammatico incidente stradale.
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