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George Meredith, considerato uno dei grandi scrittori inglesi vittoriani, nacque a Portsmouth (Hampshire) il 12 febbraio del 1828. Figlio di un benestante fornitore di equipaggiamenti navali che aveva patito la bancarotta, perse la madre all’età di 5 anni e visse con dei parenti in campagna conducendo una infanzia infelice. Educato come un gentiluomo nonostante la penuria di mezzi, per due anni frequentò la Scuola Morava di Neuwied, nei pressi di Coblenza in Germania (di cui amò musica, poesia e paesaggio); iniziò poi gli studi di Giurisprudenza che abbandonò per fare il consulente editoriale per la “Chapman & Hall”, ove rimase dal 1860 al 1894 divenendo molto influente in ambito letterario. Contemporaneamente, fu giornalista free-lance e poeta-scrittore molto stimato: Oscar Wilde lo considerava grande alla stregua di Balzac. Giovanissimo, conobbe Mary Ellen, la figlia dell’amico scrittore Thomas L. Peacock, una vedova con una bambina, più anziana di lui ma bella e intelligente, colta e indipendente, che sposò nel 1849 e che gli fornì costante ispirazione per lo studio psicologico delle sue straordinarie eroine. Il matrimonio non fu felice per le gravi difficoltà economiche, per una certa incomprensione reciproca e per i frequenti aborti della moglie (l’unico figlio Arthur nacque nel 1853). Nel 1858 Mary Ellen abbandonò George per fuggire con un giovane pittore: pur continuando ad amarla, quando ritornò a casa malata e pentita, il marito abbandonato si rifiutò di vederla, lasciandola morire da sola nel 1861. Pieno di rimorsi, si considerò sempre corresponsabile della fine della sua unione a causa del suo egoismo, provocato dal forte desiderio di autoaffermazione letteraria. Nel 1864 sposò la seconda moglie Marie Vulliamy, assolutamente diversa da Mary Ellen, molto meno brillante e competitiva ma più dotata di senso pratico e interamente votata al marito e alle sue necessità: il matrimonio fu felicissimo perché Marie dedicò a George quelle cure materne che gli erano sempre mancate (Mary Ellen rimase però il suo irraggiungibile ideale di donna e l’ispiratrice dei suoi caratteri femminili). Con Marie ebbe i due figli William (1865) e Mariette (1874). La produzione letteraria di Meredith, caratterizzata da uno stile metaforico e allusivo, fu varia ed estesa. Il romanzo “L’egoista (The Egoist)” (1879), ben accolto dalla critica e considerato il suo capolavoro, si connota per lo stile nitido e curato, la ricca componente psicologica, l’intensa analisi dei sentimenti - seppe usare con abilità il monologo interiore - e la brillantezza del testo (quasi una commedia), in cui difende la spiritualità e l’indipendenza intellettuale della sua eroina, disprezzando invece il protagonista, un Sir vanesio ed egocentrico. Riprese l’argomento in “Diana di Crossways (Diana of the Crossways)” (1885), romanzo che indagava sul rapporto fra i sessi e sanciva la supremazia della donna. Il successo del libro accrebbe la sua popolarità e lo impose tra i più grandi scrittori del suo tempo. Gli altri romanzi più significativi sono: “La rasatura di Shagpat: Un intrattenimento arabo (The Shaving of Shagpat: An Arabian Entertainment)” (1855); l’autobiografico “La prova di Richard Feverel (The Ordeal of Richard Feverel)” (1859), dedicato all’analisi di un intenso rapporto amoroso minato dal conflitto insanabile tra istinto e sistema, accusato di «low moral tone (basso tono morale)», e ostacolato nella sua diffusione; il nuovamente autobiografico “Evan Harrington” (1861); “Emilia in Inghilterra (Emilia in England)” (1864) ripubblicato con il titolo “Sandra Belloni” nel 1886; Rhoda Fleming (1865); “Vittoria” (1867); “Avventure di Harry Richmond (Adventures of Harry Richmond)” (1871); “La carriera di Beauchamp (Beauchamp’s Career)” (1875); e “I tragici commedianti (The Tragic Comedians)” (1881). Utilizzando la forma del romanzo comico-sociale, con originalità, tono picaresco, fine umorismo e richiami alle teorie filosofiche del tempo, lo scrittore ha svelato le ipocrisie della società vittoriana, ironizzando sulle false virtù e sulla fatuità dei gentiluomini britannici, spesso snob e ignoranti. All’ultimo periodo (forse, meno creativo) appartengono “Un ardimentoso del nostro tempo (One of Our Conquerors)” (1891) e “Un matrimonio stupefacente (The Amazing Marriage)” (1895). Meredith fu anche un poeta di grande forza lirica, alquanto penalizzato - come il contemporaneo Robert Browning - da un eccesso di cerebrale intellettualismo e da una sovrabbondanza di metafisico barocchismo. Ricordiamo: “Poesie (Poems)” (1851); “Amore moderno (Modern Love)” (1862), un «romanzo in cinquanta sonetti» autobiografico e ricco di bruciante senso di colpa, dolente malinconia e anticipazioni simbolico-surrealiste; “Le Poesie e liriche della gioia della terra (Poems and Lyrics of the Joy of Earth)” (1883) e “Una lettura della terra (A Reding of Earth)” (1888), che contengono alcune delle sue poesie più notevoli ispirate dal mistero della «grande madre Natura»; “Una lettura della vita (A Reading of Life)” (1901) e “Le ultime poesie (Last Poems)” (1909). Come Browning - nell’ambito dell’accettazione della teoria darwiniana che creò nell’uomo vittoriano tensioni e lacerazioni - Meredith coltivava la gioiosa convinzione che la vita fosse al centro di un processo inarrestabile di evoluzione. Scrisse l’acuto saggio critico “Sull’idea della commedia e sugli usi dello spirito comico (On the Idea of Comedy and the Uses of the Comic Spirit)” (1897) che prese lo spunto dalla lettura eseguita nel 1877 “Essay on Comedy”, testo osannato da George Bernard Shaw e altri critici, nel quale focalizzava nella commedia (che, per lui, aveva in Moliere il suo massimo rappresentante) l’importanza del prevalere dei ruoli femminili e del riflettere sulle condizioni sociali; per essa coniò il termine di «the fountain of sound sense (la sorgente del senso della musica)». Nel 1892 fu eletto presidente della “The Society of Authors” (prima di lui, la carica era stata di Alfred Tennyson) e nel 1905 fu premiato da re Edward VII con l’“Order of Merit”. Provato dalle morti premature della moglie (1886) e del figlio Arthur (1890), minato dalla sordità e dall’atassia motoria (era molto agile e amava l’attività fisica), Meredith moriva il 18 maggio del 1909 nel suo Flint Cottage in Box-Hill nei pressi di Dorking, nel Surrey (il suo paesaggio ha fatto da sfondo a quasi tutte le sue opere), ove si era trasferito nel 1868 con la seconda moglie, creando un circolo di amici-letterati che includeva Algernon C. Swinburne, i fratelli Rossetti, Robert L. Stevenson, George Gissing, James M. Barrie e molti altri ancora.
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