Biografia Enzo Jannacci |
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Enzo Jannacci nasce a Milano il 3 giugno del 1935. Laureato in medicina all’Università degli Studi del capoluogo lombardo si specializza in chirurgia generale, esercitando in seguito la professione di medico chirurgo. Mentre frequenta il liceo classico (dove conosce Giorgio Gaber) e poi l’Università studia anche al Conservatorio, diplomandosi in pianoforte. Il suo esordio artistico avviene nell’ambito del jazz, accanto a grandi maestri come Chet Baker, Gerry Mulligan, Stan Getz e Bud Powell, a cui si ispira per l’originale tecnica pianistica. E’ anche tra i primi, in Italia, a innamorarsi del rock’n’roll: suona con Tony Dallara, Luigi Tenco e Adriano Celentano, mentre con il vecchio amico Gaber forma un duo, I Due Corsari, con cui pubblica i primi dischi per la Ricordi (il brano più celebre in repertorio, “Una fetta di limone”, farà da apripista oltre vent’anni dopo a una fugace rimpatriata sotto il nome Ja-Ga Brothers). Alla fine degli anni ’50 risalgono i suoi esordi da solista, con pezzi surreali e divertenti come “L’ombrello di mio fratello” e “Il cane con i capelli”: ma la vera svolta arriva quando Dario Fo, da lui conosciuto nel tempio emergente del cabaret milanese, il Derby, lo prende con sé per lo spettacolo teatrale “22 canzoni”, un recital storico che apre la strada alle sue fortune discografiche successive (e anche a quelle altrui: da uno dei motivi dello spettacolo il giovane Fabrizio De Andrè ricava, cambiandone il testo, la sua “Via del campo”: solo molti anni dopo Jannacci sarà riconosciuto coautore della canzone). E’ la prima dimostrazione di un talento versatile che alla produzione discografica vera e propria alternerà sempre periodiche puntate nel teatro, nella televisione e nella musica da film (“Romanzo popolare” di Monicelli, “Saxofone” di Renato Pozzetto, “Pasqualino Settebellezze” di Lina Wertmuller – con cui ottiene una nomination all’Oscar - e “Piccoli equivoci” di Ricky Tognazzi). In dialetto milanese e poi in lingua italiana, con irresistibile verve comica, ma anche drammatica e realistica, ritrae una inimitabile galleria di perdenti e di emarginati, di piccola gente di periferia calata in una realtà milanese, ma non solo, distante anni luce dallo sfavillare del boom economico: sono i tempi di “El purtava el scarp del tennis” e “L’Armando”, di “Faceva il palo” e di “Vengo anch’io no tu no”, che nel 1969 lo scaraventa al numero uno delle classifiche; in quel periodo Jannacci gode anche di luce riflessa componendo le canzoni di Cochi e Renato, altri vecchi amici del Derby approdati al successo televisivo di massa. Dopo aver dato voce alle canzoni di Fo (“Ho visto un re”, “Veronica” e altre), negli anni successivi continua a interpretare magistralmente titoli altrui (“Mexico e nuvole” di Paolo Conte, “Ragazzo padre” di Lauzi, più tardi “Ci vuole orecchio” di Gino e Michele) e con Beppe Viola, altro reduce del Derby e vecchio collaboratore, firma nel 1975 uno dei suoi brani più celebri e citati, “Quelli che…” (l’album omonimo ripropone un altro suo classico, “Vincenzina e la fabbrica”).
Aperti e chiusi da due titoli di successo (“Ci vuole orecchio” e “Se me lo dicevi prima”), gli anni ’80 sono tuttavia più avari di soddisfazioni commerciali e artistiche; a fine decennio Jannacci partecipa al Festival di Sanremo con “Se me lo dicevi prima” e incide il live TRENT’ANNI SENZA ANDARE FUORI TEMPO. Replica nel 1991 presentando in coppia con Ute Lemper la straziante “Guarda la fotografia”, mentre tre anni dopo duetta con Paolo Rossi su “I soliti accordi”. Nel 1999 propone uno spettacolo teatrale intitolato E’ STATO TUTTO INUTILE e nel 2001, dopo anni amari trascorsi alla ricerca di un nuovo contratto discografico, è la volta di un nuovo disco di canzoni per la Ala Bianca di Modena intitolato COME GLI AEROPLANI: dedicato al padre e caratterizzato da un profondo sdegno civile (con attacchi espliciti a Berlusconi e ad altri “potenti” dell’Italia di oggi) l’album riscuote un discreto successo e riporta l’attenzione degli addetti ai lavori sullo Jannacci autore e interprete. La partecipazione al Premio Tenco 2002 segna l’inizio di una nuova fase della carriera del cantautore, che fa il bis alla rassegna l’anno successivo per poi sfornare un nuovo album di inediti nel febbraio del 2003. Il disco, intitolato L’UOMO A META’, è coprodotto dal figlio Paolo, diventato ormai collaboratore (e coautore) irrinunciabile e dall’ex-PFM Mauro Pagani. Nel 2004 Jannacci reinterpreta, nell'album MILANO 3-6-2005, alcuni dei brani di ambientazione milanese con i quali iniziò la sua carriera; due anni dopo reincide le sue canzoni preferite in un doppio THE BEST che include anche pezzi nuovi o inediti e una “Bartali” fresca di incisione in coppia con l’autore Paolo Conte.
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