Biografia Emile Schindler |
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Emile Schindler, moglie dell' industriale tedesco, immortalato in un film di Spielberg, che strappò al lager 1.200 ebrei polacchi. Emilie Schindler, la donna innamorata che sfidò la Gestapo «Dietro l' uomo, c' è sempre una donna» ha detto l' ebreo polacco Maurice Markheim - numero 141 della «lista di Schindler» - a proposito di Emilie Pelzl vedova di quell' Oskar Schindler che, grazie a spregiudicati e generosi stratagemmi, strappò al Lager 1.200 ebrei polacchi. Markheim è uno dei tanti sopravvissuti che testimoniano l' eroismo della donna morta per un ictus all' ospedale di Straussberg (Berlino) all' età di 94 anni. Eroismo misconosciuto: se è vero, infatti, che Emilie è stata insignita nel ' 93 del premio «I giusti fra le nazioni» da parte dell' Olocaust Memorial, è altrettanto vero che Steven Spielberg ha tenuto nella penombra il suo personaggio (interpretato da Caroline Goodall) in Schindler' s list, il film dai sette Oscar (1993) che ha fatto conoscere al grande pubblico l' incredibile epopea di Cracovia. A proposito del film l' anziana donna disse due anni fa alla Tv tedesca: «Oskar è l' eroe, e io? Anch' io ho salvato molte persone»; e sostenne le sue ragioni nel libro-intervista Where Light and Shadow Meet («Dove luce e ombra s' incontrano» di Erika Rosenberg, 1997, W.W. Norton & Co editore). Oskar Schindler, uomo brillante e fascinoso, l' aveva sposata diciottenne, sperperandone subito la dote fra donne e automobili di lusso. Iscritto al partito nazista, collaboratore del controspionaggio, era in affari con il regime: divenuto proprietario di una smalteria di Cracovia che impiegava ebrei, riuscì a trattenere in fabbrica - raggirando e corrompendo i gerarchi di cui era sodale - gli operai israeliti destinati al Lager. Oskar dovette compilare una lista di quegli uomini, che si salvarono in 1.200; grazie anche a Emilie, sempre a fianco del marito che continuava ad amare malgrado le avesse riservato anni di solitudine e umiliazioni. Una notte, per esempio, mentre Oskar era a Cracovia, salvò da morte sicura 200 ebrei, affrontando gli ufficiali nazisti che li stavano deportando, ammucchiati in quattro vagoni, verso lo sterminio. Emilie riuscì a persuadere la Gestapo a mandarli nel «campo» della fabbrica, col pretesto di «garantire la continuità della produzione di guerra». Quando uscirono dai vagoni, gli uomini parevano pezzi di carne congelata; e la signora Schindler lottò giorni e giorni per riportare in vita quegli scheletri con cibi caldi, latte, medicine. La fine della storia è malinconica. Nel dopoguerra la coppia si trasferì in Argentina finché Oskar - sempre più volubile e amante del gioco - non decise di abbandonare la moglie (1954) e il Sudamerica. Non si videro più; Schindler visse di espedienti e morì a Francoforte nel ' 74. Emilie restò in Argentina - vivendo in ristrettezze e minacciata da neonazisti - finché non decise di venire a morire in Germania, dove conobbe l' ultima amarezza. Nel 1999, a Hidesheim, i figli di una dottoressa scomparsa che abitò con Schindler, trovarono una valigia con i documenti e la famosa «lista» di Cracovia, che consegnarono al quotidiano Stuttgarter Zeitung. Emilie fece causa al giornale per riaverli («L' abbiamo compilata insieme, è anche roba mia», sostenne), ma ebbe solo un risarcimento pari a 25 milioni di lire. Se Emilie passò oltre le più cocenti ferite private per essergli accanto nel salvare uomini, a maggior ragione merita un posto nella memoria.
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