Biografia Dorothy West |
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Dorothy West nacque a Boston nel 1907 da un ambizioso schiavo emancipato della Virginia, Isaac Christopher West, divenuto un ricco e influente uomo d’affari (definito “Il re nero delle banane”), che aveva avuto ben 22 figli. E’ stata una grande firma giornalistica e la scrittrice afro-americana che meglio ha saputo esprimere con dignità e perspicacia gli ideali e i contrasti della upper-class americana, pur non indulgendo mai a forti conflitti interrazziali ma rappresentando i desideri e i sogni, gli amori e gli odi, i successi e le sconfitte di quella ricca e colta società bostoniana di colore alla quale apparteneva.
Giovanissima, ha fatto parte del gruppo creativo di scrittori e musicisti appartenenti all’“Harlem Renaissance” - ove era chiamata “la bimba (the kid)” o anche “piccola sorella (little sister)” - che ebbe una grande influenza negli anni ’20 e che era stata un frutto del “Nuovo Movimento Nero”. Di esso facevano parte, fra gli altri, Langston Hughes, Wallace Thurman, Contee Cullen (che la chiese in sposa), Richard Wright e l’antropologa-scrittrice Zora N. Hurston (tutti interpreti sensibili della vita e della cultura dei Neri americani), nonché Ralph W. Edison (nipote di uno schiavo, che col suo “L’uomo invisibile” costituì una libera voce alla ricerca delle radici etniche e dell’identità dei Neri nell’America dei Bianchi).
Personalità vivace e dal talento precocissimo, Dorothy iniziò a scrivere a 7 anni e a 14 anni già pubblicava racconti sul “Boston Post” (che ricevettero premi locali); nel 1926 la sua novella “La macchina da scrivere (The Typewriter)” arrivò seconda a un premio nazionale, fu pubblicata sul magazine “Opportunity” e le guadagnò un viaggio a New York. Fu allora che, attratta dalla grande città piena di vita e di cultura, vi si stabilì frequentando la Scuola di Giornalismo della Columbia University e conducendo una vita di attivismo sociale e di partecipazione letteraria al circolo Harlem. Nel 1932, con un gruppo di intellettuali Afro-Americani, andò in Unione Sovietica per girare un documentario sulla discriminazione razziale in USA (“Black and White”, prodotto dal Partito Comunista), che purtroppo non vide mai la luce per gli intralci dell’establishment bianco, che accusò tutti di associazione comunista (la West vi rimase però per circa un anno). Continuò a scrivere novelle per il “New York Daily News” raggiungendo una discreta notorietà, e nel 1934 fondò la rivista letteraria “La Sfida (Challenge)” (che purtroppo ebbe breve vita), con lo scopo di aiutare i giovani autori Neri emergenti e di risvegliare lo spirito dell’“Harlem Renaissance”, quasi completamente scomparso a causa della grande Depressione.
Dorothy non volle mai sposarsi e non ebbe figli; scrisse: «Ho avuto paura del matrimonio, ho pensato che avrebbe potuto essere una vita non felice». Trasferitasi nell’isola di Martha’s Vineyard (MA) in un modesto cottage di famiglia, fu giornalista della “Gazzette” locale e nel 1948 pubblicò il primo romanzo autobiografico “Vivere è facile (The Living is Easy)”, nel quale analizzava con occhio ironico le relazioni coniugali, i rapporti parentali e le differenze di classe o colore nella ricca società dei Neri bostoniani. Il libro ebbe il consenso della critica ma vendette poche copie (la nota giornalista scrisse di sé: «Sono il più conosciuto sconosciuto scrittore del mio tempo»). Negli anni Ottanta, il libro fu ristampato da una casa editrice femminista, richiamando nuova attenzione sulla West (ormai caduta nell’oblio) e sul suo importante ruolo all’interno del circolo letterario. Iniziò quindi a scrivere il secondo libro, “Il matrimonio (The Wedding)”, ambientato nel 1953, nel quale narrava tra l’altro l’unione tra una ricca ragazza nera e un povero fallito musicista bianco. Il romanzo sembrava destinato a rimanere nel cassetto; venne, infatti, respinto per anni da diversi editori. Nel 1990 Jacqueline Kennedy, curatrice editoriale della Doubleday (New York) e sua vicina di casa durante le vacanze estive, incitò l’anziana giornalista a uscire dal suo ritiro letterario incoraggiandola a completare il manoscritto con la promessa della pubblicazione. Purtroppo, Jacqueline non vide l’esito del progetto (realizzato nel 1995 dopo la sua morte) ma Dorothy, che aveva allora 88 anni e ripubblicava un libro dopo 50 anni, lo dedicò alla sua memoria. Il romanzo fu un best-seller e il successo fu tale che nel 1998 fu adattato per la televisione in una miniserie di Oprah Winfrey. Nello stesso anno, la Doubleday, invogliata dal precedente trionfo editoriale, la convinse a pubblicare una raccolta di saggi e novelle inedite, “Il più ricco, il più povero (The Richer, the Poorer: Stories, Sketches and Reminescences)”. Nel 1997, durante la celebrazione dei 90 anni della scrittrice, Hillary Clinton parlò di lei come di «un tesoro nazionale». Alla sua morte, avvenuta nel 1998 a Martha’s Vineyard, Dorothy West era ormai l’ultima sopravvissuta dell’“Harlem Renaissance” ma era stata capace di traghettare il movimento verso il realismo naturalista degli anni ’30, aprendo la strada alla nuova generazione delle grandi scrittrici di colore del Novecento - tra le quali Alice Walker, premio Pulitzer nel 1981 per il “Il Colore viola (The Color Purple)” - e lasciando loro in eredità una nuova forma letteraria e più moderni contenuti.
A cura di Silvia Iannello
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