Biografia Caryl Chessman |
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Caryl Chessman, nato nel 1921, era un rapinatore di professione che aveva passato molte parte della sua vita in carcere. Rilasciato su provvedimento di grazia dal carcere di Folsom, nel gennaio del 1948 fu nuovamente arrestato a Los Angeles come il “Bandito della Luce Rossa”. Si trattava di un criminale che colpiva soprattutto coppiette appartate nei parcheggi e in altri posti isolati, agitando un lampeggiante rosso come quello della polizia. In seguito rapinava le vittime, talvolta violentando la ragazza.
Gli identikit forniti dalle vittime parlavano di un uomo coi denti storti, alla guida di una Ford nuova, decappottabile e di colore chiaro. Caryl Chessman fu arrestato assieme a altri due malviventi; aveva con sé un lampeggiante rosso ed era alla guida di una Ford nuova. La quale, però, non era decappottabile e era di colore scuro.
La polizia svegliò una delle vittime in piena notte, chiese alla donna di affacciarsi alla finestra dell'appartamento in cui viveva, e la donna identificò Chessman come suo assalitore a qualche piano di distanza ed al buio. Chessman non corrispondeva alla descrizione fisica che era stata data del rapinatore.
Ciononostante, Chessman firmò una confessione, che poi ritrattò affermando che gli era stata estorta con la violenza dalla polizia. Quando due giornalisti investigativi cominciarono ad occuparsi del caso, scoprirono una foto di Chessman poco dopo l’arresto, palesemente tumefatto. Chessman fu incriminato con diciassette capi d’accusa che andavano dalla rapina al sequestro di persona.
In base alla “Legge Lindbergh” votata in California nel 1933 dopo il rapimento e l’uccisione del piccolo Charles Lindbergh jr. (il figlio del celebre aviatore che aveva per primo trasvolato l’oceano), la pena per il rapimento con lesioni personali poteva essere sia l’ergastolo senza possibilità di grazia o la morte. La giuria non richiese le attenuanti, quindi Chessman fu condannato alla camera a gas.
Una volta nel braccio della morte del famigerato carcere di San Quintino, Caryl Chessman iniziò la sua lotta, scrivendo dalla cella 2455 quattro libri in propria difesa, che raggiunsero una popolarità immensa in tutto il mondo. Studiando tutte le possibilità giuridiche presentate dal suo caso, riuscì a far rimandare per dodici anni l’esecuzione (per otto volte) raccogliendo una documentazione capillare. Fu inutile: il 2 maggio 1960 il governatore Brown rigettò la nona richiesta di sospensione e Chessman fu gassato.
Nei dodici anni della sua prigionia a San Quintino ebbe luogo negli Stati Uniti il primo grande movimento di opinione contro la pena di morte. Da tutto il mondo si ebbero appelli per la revisione del processo Chessman: tra i firmatari, Eleanor Roosevelt, Pablo Casals, Aldous Huxley, Ray Bradbury, William Inge, Norman Mailer, Dwight McDonald, Christopher Isherwood e Robert Frost. Ironia della sorte, il governatore Edmund J. Brown, che respinse la domanda di sospensione affermando di “avere le mani legate”, era un riconosciuto oppositore alla pena di morte.
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