Questo poema didascalico fu composto da Pietro Abelardo poco prima della morte, avvenuta nel 1142. Si tratta di una raccolta di precetti che scrisse per il figlio avuto da Eloisa, Astrolabio, con l'intento di indicargli i comportamenti da seguire per accrescere la sua cultura e superare le difficoltà e i dolori dell'esistenza. Scritti secondo i tradizionali Libri manuales o gli Specula, ovvero gli "specchi di vita" cari all'educazione cristiano-monastica, questa raccolta di precetti deriva dai Proverbi di Salomone, dalle Sententiae dei Padri della chiesa e, soprattutto, dalle Regulae dei grandi Ordini religiosi. Quest'ultimi erano dei formulari che offrivano al lettore delle vere e proprie "liste" di comportamento da adottare o respingere nell'amicizia, nello studio, nella preghiera, in famiglia, nel rapporto con il proprio corpo e con la niente. Come nota Graziella Ballanti, questo poema «rappresenta l'unica produzione esplicitamente pedagogica di colui che nel XII secolo era noto per la sua qualità di Maestro Scolastico quanto per quella di dialettico e che, per tutte queste due note, la magistralità e l'eloquenza, fu detto "lumen mundi"». |