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Unoccasione sprecata Una saga familiare per raccontare unepoca non certo una novit e non sono pochi gli autori, non solo italiani, che hanno scritto al riguardo. Ci ha provato anche Pennacchi, narrandoci delle vicende della famiglia Peruzzi, spostatasi, per necessit, dal rovigotto alle ex Paludi Pontine, risanate dallintervento massiccio del regime fascista teso a dare nuova terra coltivabile agli italiani. Si potrebbe pensare quindi a un romanzo storico e in parte Canale Mussolini lo , ma influenzato da quel desiderio di riappacificazione nazionale volto a riscrivere lavvento e il dominio del fascismo, compito certamente difficile e in cui lautore si gettato a capofitto, evidenziando per carenze culturali e di approccio che fanno di questopera un libro sicuramente leggibile, ma anche approssimativo, dalle facili conclusioni che cadono come sentenze, in un quadro di eccessive semplificazioni dei problemi proprie di chi crede di sapere come siano andate effettivamente le cose perch convinto che la sua conoscenza sia completa e assoluta. Alla base del romanzo quindi c un peccato di presunzione che finisce con linficiare la validit delle asserzioni, spesso gratuite, frutto non tanto di una disamina attenta, quanto di un credo politico. Ed un peccato perch lidea di partenza era e resta buona e cos, anzich trovarci di fronte a un rigoroso romanzo storico, scorre davanti agli occhi una lunga telenovela, con personaggi che sono degli stereotipi del socialista, dellanarchico, del fascista, insomma una sorta di opera rientrante nella cultura nazionalpopolare, cos cara ai regimi illiberali e feconda sia sotto il fascismo che sotto il governo dei soviet. Ci nonostante il libro riesce pi di una volta ad avvincere, perch le vicende rientrano in quei percorsi della natura umana in cui tutti, chi pi chi meno, ci ritroviamo. Ci sono in effetti pagine da epopea, come quella della bonifica delle paludi, un racconto corale che ben si presta allagiografia, anche se proprio l si riscontra un atteggiamento didascalico che appesantisce il romanzo, in cui peraltro sono frequenti divagazioni, variazioni di tempi non sempre giustificabili, che finiscono per portare al lettore una certa stanchezza e comunque tale da fargli scorrere velocemente le pagine per ritrovare quelle di un discorso pi snello e quindi pi appagante. Il ritmo della narrazione altalenante, discontinuo, con improvvisi acuti seguiti da vere e proprie fasi di stanca, quasi che lautore volesse prendere un po di fiato e del resto si potrebbe dire che Pennacchi ricorre a un italiano pi parlato che scritto, con frequenti frasi in un dialetto veneto un po particolare, quasi modificato per aumentarne la comprensibilit. Se limpostazione colloquiale (lautore si rivolge a un ipotetico lettore) strutturalmente interessante, per, data la lunghezza del libro, finisce con lannoiare e peraltro il testo stesso poteva essere ridotto alquanto, perch le frequenti divagazioni, che tirano in ballo anche personaggi occasionali e di scarso rilievo per lopera, occupano non poche pagine. In questo bilancio i difetti, fra i quali un uso della lingua italiana non proprio da manuale, sono parecchi e i pregi pochi; resta un certo fascino della vicenda che desta interesse, ma se questo consente di considerare il romanzo un prodotto nel complesso leggibile, le numerose pecche non giustificano assolutamente lassegnazione del Premio Strega, che conferma ancora una volta lo scadimento delle ultime edizioni. Renzo.Montagnoli
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