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Memoria e sogno
-------------------- Infine dai costoni di monte Tabbuto, dalle grotte di Pantalica e dIspica, tutta la terra, miocene e pliocene, schisti, faglie, semenze e tane, vene dacqua e crepacci da sisma, tutta la terra del Val di Noto trem, socchiuse impercettibilmente le labbra a un sorriso. Uno scorpione fra due sassi strofin languido le due chele fra loro, una madamina lucertola dalla trincea dun filo derba sporse un attimo il muso, lo ritrasse , lo sporse ancora, Don Alvise si tolse le mutande lunghe di lana e fu primavera. strana la storia di questo grande autore siciliano che pubblic il suo primo e fortunato romanzo Diceria delluntore, e solo in seguito a un fatto fortuito, nel 1981, quando cio aveva gi 61 anni. Da allora, fu come si fosse scrollato di dosso una maledizione che lo aveva relegato in una oscura vita di insegnante e cos, nel lasso di tempo che ancora gli rest da vivere (morir il 14 giugno 1996 in un incidente dauto) diede vita a una corposa produzione, peraltro tutta di elevata qualit. Fra questa figura anche Argo il cieco, che vide la luce nel 1984, un altro romanzo che pone in risalto, oltre alla straordinaria capacit narrativa, la sua altrettanto stupefacente abilit nelluso della parola, mai superflua pur risultando abbondante, una quasi prosa poetica che al tempo stesso affascina e diverte. E Argo il cieco la sua seconda opera, smentendo cos lidea che non pochi si erano fatti che Diceria delluntore fosse un unicum, unesperienza di vita vissuta pi volte scritta e riscritta quasi a futura memoria. proprio la memoria che si mette in luce nuovamente in questo libro in cui lautore pare voler rendere confessione al lettore accompagnandolo per mano fra presente e passato, con unepoca in cui un uomo, ormai avanti con gli anni, cerca di fare i conti con il suo trascorso, ma un trascorso particolare, un anno, il 1951, da lui vissuto a Modica. Cos, chi non ha pi speranze di futuro e come un cieco non lo vede, cercando anche di oscurare un presente del tutto insoddisfacente, il ricorso al ricordo un espediente per rifugiarsi in una realt passata, magari in parte arricchita con la fantasia. La ricerca dellamore in un trentenne che in quel 1951 si considerava vecchio e che ora a sessantanni si sforza di pensarsi giovane loccasione per una lunga carrellata su tutta una serie di personaggi, compreso un Gesualdo cos diverso (ma fino a un certo punto) dallattuale. Quel giovane insegnante, in quellestate a Modica di trentanni prima, pi che cercare lamore, vuole lamore, come un fatto proprio e unilaterale, il che poi gli comporter inevitabili insuccessi. Le varie Maria Venera, Cecilia, Isolina ritornano alla sua memoria come sogni di giovent, desideri di un ardore frenato dallinconscio limite di non impegnarsi troppo, e cos i suoi innamoramenti non vengono corrisposti, diventano una sorta di temporanee infatuazioni, che non cerca di concretizzare e, anche quando, lo fa, gi pi che certo dellinevitabile rifiuto. Si tratta di un personaggio che arranca fra le donne con linconsapevole presupposto che lamore, quello vero, e non quindi il convegno carnale, un attimo fuggente, una chimera da inseguire per avere poi, pi avanti negli anni, un ricordo che, sbiadito, magari anche in parte inventato, consenta di fare un bilancio non del tutto in perdita. Bufalino si dimostra un maestro in questo difficile compito, intervendo con sottile ironia, proprio quando pu sembrare che la narrazione gli stia sfuggendo di mano, miscelando abilmente unatmosfera e unambientazione che sono palpabili, intercalando qualche sciabolata sui costumi con riflessioni che non sono mai fuori tema. Inoltre, quello che stupisce e affascina lo stile, quasi arabescato, uno sviluppo di parole dotate di armonia che costituiscono una preziosa cornice di cui pi sopra fornisco un esempio a una vicenda di per s quanto mai avvincente. La cultura di Bufalino era senza dubbio assai elevata, ma luso che lui ne fa in questo libro non mai fine a se stesso, non ostentato, anzi appare pi che mai funzionale alla trama, conferendo allopera un ulteriore elemento di pregio. A questo punto mi sembra quasi superfluo aggiungere che ne caldeggio vivamente la lettura. Renzo.Montagnoli
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