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Recensione Kenzaburo Oe Si dice che Oe rimase molto sorpreso quando la Nihon Seki Gun (l'Armata Rossa Giapponese) prese Assama Sanso Jiken: nel 1972 Kenzaburo Oe, Libération, Francia Il premio Nobel Kenzaburo Oe attacca la politica del Giappone sull’Iraq Sono un vecchio arrabbiato, perché mi sento responsabile della situazione in cui si trova oggi il mio paese. Situazione che non mi piace affatto. Il primo ministro Koizumi è stato rieletto e si prepara a mandare dei soldati giapponesi in Iraq. Molti giornalisti fanno domande al nostro premier, e vedo che le sue risposte sono sempre ambigue. Dall’inizio della guerra, Koizumi sembra d’accordo con la politica del presidente americano George W. Bush: "La guerra è giusta", ripete. Francia e Germania hanno adottato posizioni contrarie. Niente di simile in Giappone. L’impressione è che, qualunque sia la situazione in Iraq, Tokyo agisca come se le sue decisioni fossero state suggerite in anticipo. Era scritto: il Giappone avrebbe mandato dei soldati in Iraq! In realtà la cosa era prevedibile fin dall’inizio della guerra. Da quando Koizumi ha deciso che il Giappone era "d’accordo con il presidente Bush" e "senza condizioni". Il mio paese obbedisce. Ecco perché sono arrabbiato, Ecco perché lo sono da sempre. Inviare dei soldati giapponesi in Iraq è una decisione particolare. La maggioranza dei paesi del mondo si è espressa contro la guerra. Sembra che il nostro primo ministro sia l’unico a mancare, su questo punto, di senso di responsabilità. Lui è completamente d’accordo con la politica degli Stati Uniti. E la maggior parte dei giornalisti e degli intellettuali del Sol levante non è in grado di contraddirlo. Alle ultime elezioni, i partiti di sinistra contrari alla guerra hanno perso metà dei loro seggi. Perché? Perché nel nostro paese non esiste più una forza critica. Il primo ministro può ormai agire liberamente. Siccome non critica mai il presidente americano, Bush può fare ciò che vuole con il nostro paese. Possiamo dire che, dalla fine della seconda guerra mondiale, più di cinquant’anni fa, il Giappone non si era mai dimostrato così obbediente. Dopo la guerra, la democrazia è stata importata dalla migliore delle democrazie, gli Stati Uniti, A quel punto il mio paese è diventato a sua volta democratico. E i giapponesi sono stati influenzati dalla cultura popolare americana, dal suo cinema e dalla sua musica. Non c’è niente di male in questo: non abbiamo comunque perso la nostra identità. Ma osservo che, in precedenza, gli intellettuali giapponesi erano innanzitutto molto influenzati dall’Europa. Il mio professore Kazuo Watanabe era lo specialista nazionale di Rabelais e dell’umanesimo francese. È stato lui a rendere popolare da noi la parola "tolleranza". Voleva che i "nuovi giapponesi" fossero tolleranti. Un altro intellettuale, Masao Maruyama, si è chiesto quale avrebbe potuto essere la nuova identità del paese dopo gli anni dell’imperialismo in Asia. Ha creato per il Giappone l’idea di "comunità di pentimento". All’epoca Masao Maruyama era contrario alla guerra di aggressione nipponica contro gli altri paesi asiatici. Quando mi hanno consegnato il premio Nobel per la letteratura, nel 1994, la commissione svedese ha detto che io scrivevo "per esorcizzare un demone". Sposo in pieno quest’espressione. Lo scrittore è come un marabù africano che esorcizza i demoni, Se c’è un male contro il quale dobbiamo impegnarci è quello della violenza. Oggi esistono due grandi violenze: l’arma nucleare e il terrorismo internazionale. Quale dev’essere il ruolo del Giappone in Iraq? Deve innanzitutto fornire un aiuto alimentare e sanitario alla popolazione irachena e l’assistenza ai bambini. Il nostro paese può anche aumentare il suo contributo finanziario. La guerra che George W. Bush ha deciso di scatenare in Iraq è stata un errore, a cui non bisogna collaborare. Il primo ministro Koizumi pensa di lottare contro il terrorismo mandando in Iraq dei soldati giapponesi. Si sbaglia. Questo è più il compito degli Stati Uniti e rientra nella loro competenza. Koizumi al contrario deve adottare un atteggiamento critico. E fornire all’Iraq un aiuto esclusivamente umanitario. .
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