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Recensione Massimo Baraldi

Massimo Baraldi

L'orango e le targhe alterne.

L’ORANGO E LE TARGHE ALTERNE, OVVERO: L’EQUATORE MICA PASSA PER DI QUA

C’è uno squilibrio col quale io ed il mio vicino, il signor Brambilla, dobbiamo confrontarci, quotidianamente.
Sto parlando dell’ecosistema e dell’impatto che lo stile di vita prettamente e sconsideratamente consumistico, nostro denominatore comune, sta avendo su di esso.

A me il signor Brambilla non sta simpatico, ma uno i vicini mica se li può scegliere! O, quantomeno, non sempre. Volendo esser pignoli, potrei anche arrivare ad insinuare che secondo me nemmeno io gli vado troppo a genio, ma di questo mi sono ormai fatto una ragione. Resti tra di noi, ma la mia casa dolce casa è molto più colorata ed allegra della sua e, benché mai sarebbe disposto ad ammetterlo, la cosa gli rode, al Brambilla, eccome se gli rode.

Non è che sia cattivo per davvero, il signor Brambilla. Coi suoi occhioni ben concentrati sulla placida quotidianità del suo appartamentino bello perfettino (che le robacce le lascia sul pianerottolo, lui) e le manine tutte tese a produrre ed arraffare con frementi dita grassocce quanto più è loro possibile, non è diverso da tanti altri: se parlo di lui è solamente perché mi tocca conviverci, mio malgrado.

Però non è affatto cattivo, nossignore. Semplicemente, non mi piace. Esce presto la mattina, accende il motore della sua auto ed eccotelo pronto a fare ciò che secondo lui è necessario fare. E che non c’è nulla di male lo ribadisco. Lui lavora e produce e pertanto si sente legittimato a consumare. Consumare ben oltre le reali necessità o quelle del proprio clan, però, e quasi quasi questa cosa mi suona come il tentativo (un tantino maldestro) di rivestire di un significato il suo correre qua e là come un criceto impazzito. Sono anche in possesso di svariati indizi avvaloranti la mia teoria, ma riconosco che da soli non bastano a provare alcunché… comunque sia, visto che in ultima analisi trattasi di fattacci suoi, non entro ulteriormente nel merito. Mi limito a sottolineare che, quando a sera può finalmente godersi il meritato riposo, collega il cervello al televisore per scaricarvi l’intero palinsesto, e che ciò non depone a favore del suo stato mentale.

Perché, sia detto, il signor Brambilla mica è un ignorante. Lui è il tipo che li sfoglia, i quotidiani. E pure qualche best-seller, quando capita, perfettamente conscio del fatto che in una conversazione le citazioni colte fan sempre la loro porca figura.

E quindi dico: come si fa a volergliene, al signor Brambilla? Con il cervello ottenebrato ed anestetizzato da organi d’informazione pubblica degenerati, che hanno smarrito tanto il senso della bellezza quanto la coscienza del ruolo educativo da loro rivestito, come si può poi pretendere che non si scordi dei valori cardine intorno ai quali in linea del tutto teorica dovrebbe ruotare il nostro universo relazionale, sia in termini di ambiente che di persone?

Il mondo, così com’è, è quello che è. Ambientalmente parlando. E questo è un fatto. Tanto per dirne una, la temperatura del pianeta si è innalzata, e mica è una bella cosa: gli scienziati in coro ci ricordano che si stanno squagliando i ghiacciai di tutte le maggiori catene montuose del mondo, dalle Rocky Mountains alle Ande, dalle Alpi all'Himalaya.

Ma l'incremento delle temperature mica è una sorpresa! Non per gli scienziati, almeno, che ben conoscono gli effetti climatici determinati dall'aumento del livello di anidride carbonica, causa principale dell'effetto serra. Il Signor Brambilla è convinto che l’ambiente se la possa cavare benissimo anche da solo, con la sua capacità naturale di riassorbimento, ma purtroppo non è così: le conseguenze del massiccio utilizzo di combustibili fossili van ben oltre le sue forze.
Una vocina ci giunge anche dagli ecologi che, studiando i raccolti, si sono accorti che se la possibilità di fertilizzazione del riso con temperature pari a 34° diviene quasi nulla, a 40° la si azzera. Un manipolo di cervelloni ha osservato gli stessi effetti su altri tipi di semi ed è giunto alla conclusione che la crescita media di temperatura di 1° al di sopra di quella ritenuta ottimale causa una riduzione del 10% nella produzione del grano.

Ora, io sono ben lungi dall’affermare che la colpa di tutto ciò sia interamente attribuibile al vecchio signor Brambilla, ma vorrei pure spiegargli che non basta andarsene in giro a targhe alterne la domenica per aver diritto a dormire il sonno dei giusti: nel nostro piccolo qualcosa in più lo possiamo fare tutti per contribuire al riequilibrio del clima. Oltre ad attendere che qualcuno si decida a spiegarci cosa l’idrogeno o altre fonti di energia alternativa possono fare per noi. Che sarebbe pure ora.
Vorrei che si ricordasse che esistono prodotti a basso impatto ambientale, altri legati ad un commercio solidale e che un consumatore, per piccolo che possa essere, resta comunque in grado di influenzare il mercato con le proprie scelte.

E per finire vorrei che convenisse con me sul fatto che esiste un mondo anche oltre la sua porta, e che potrebbe evitare di ingombrare il pianerottolo con tutte le sue schifezze puzzolenti, ad esempio. Ed accettasse l’idea che la raccolta differenziata ci può garantire un risparmio di risorse notevole.

Ad esempio, l’uso di carta riciclata può frenare il disboscamento indiscriminato delle foreste primarie: anche se già l’80% è stato raso al suolo, qualcosa è pur rimasto. Forse il signor Brambilla non sa che ogni 2 secondi viene distrutta un’area grande quanto un campo da calcio, e che ciò accade col suo tacito benestare. Questo almeno è quanto afferma Greenpeace ma, anche ipotizzando che possano esagerare e l’area in questione fosse grande solo quanto un campo da tennis, non sarebbe una bella cosa lo stesso. Da quelle foreste dipende la vita di un numero incalcolabile di specie animali e vegetali, nonché la qualità dell’aria che respiriamo. E come se non bastasse contribuiscono a prevenire l’erosione del suolo e riforniscono nonché preservano i bacini idrici.

Ogni giorno ci sono persone che lottano, e spesso muoiono, per contrastare i mercanti di legname. Come Dorothy Stang, classe 1931, la missionaria freddata ad Anapu, Brasile, con una raffica di proiettili sparati da due metri di distanza sabato 12 febbraio 2005. Certo, i sicari li hanno presi, ma non i mandanti. Dorothy Stang aveva creato una zona protetta all’interno della foresta, e preso la decisione di farci entrare solo chi voleva.
Cara la mia missionaria, tra poco ci pianteranno la soia nel tuo angolo di Amazzonia, dopo essersi ripassati un pochettino gli indios. Per la gioia del signor Brambilla, che di soia è ghiottissimo.

Situazioni di taglio ed esportazione illegale esistono un po’ ovunque: in Russia, in Scandinavia, in Asia… un esempio? L’Indonesia se la stan pelando come una rapa ma, guarda un po’, una volta affettato ed impacchettato il legname risulta essere di provenienza malese. Quindi va tutto bene, ufficialmente. Meno male.
Io ci terrei però a far sapere al signor Brambilla che a breve il patrimonio forestale indonesiano sarà ridotto a qualche cespuglio. E che quella foresta, oltre ad ospitare bipedi, quadrupedi e creature più o meno squamate varie, è la casa dell’orango. E che il nostro simpatico cuginetto, sino a quando deciderà altrimenti, ha il sacrosanto diritto di continuare a viverci senza troppi rompimenti di palle.

Chiaramente il discorso vale anche per tutte le altre specie… ma si dice che l’orango sia uno dei parenti più prossimi che abbiamo (per quanto la relazione di parentela sia più evidente in taluni casi che in altri) e negli ultimi dieci anni la popolazione di queste sfortunate bestiole si è dimezzata, con l’altra metà che si è già incamminata lungo la via dell’estinzione. Io dico che non si può sempre giocare sull’altrui incapacità di difendersi o di far valere i propri diritti. Perché sarà bravo e buono, ma prima o poi anche l’orango si incazza. E se mai venisse a suonare alla mia porta, gli dirò di fare una capatina dal signor Brambilla, prima.

Qualcosa si sta muovendo, ora. Finalmente si può acquistare carta proveniente da aree controllate e tutelate, identificata dal marchio Forest Stewardship Council (FSC), così come carte riciclate al 100% con fibre post-consumo e prodotte con tecnologie pulite. Niente più cloro, per intenderci. Alcuni colossi dell’editoria canadese hanno scelto di orientarsi verso questo tipo di prodotti, ed ora anche in Italia si sta gradualmente prendendo coscienza del ruolo primario rivestito dall’industria editoriale nella salvaguardia dell’ambiente: prima Wu Ming, poi Andrea De Carlo ed Ammaniti hanno collaborato coi rispettivi editori per ottenere che i loro libri fossero stampati su Carta Amica delle Foreste. E hanno sfornato prodotti che non hanno nulla da invidiare a quelli tradizionali.

Altri scrittori ed intellettuali hanno aderito all’appello lanciato dagli ambientalisti. Anche io sono uno scribacchino, ho recentemente pubblicato un romanzo (One for the road – soliloquio da bancone in 19 giri e un brindisi) per le edizioni del Foglio Clandestino e ho preteso che la carta fosse conforme agli standard di cui sopra, perché non è giusto pensare che il problema non ci tocchi e che quanto accade in qualche sperduta porzione di mondo nei dintorni dell’equatore non abbia riflessi sulla nostra vita quotidiana.

Ognuno può fare qualcosa, e sarà forse una strada lunga, ma a percorrerla in compagnia il tempo passa in fretta. Checché ne dica il Signor Brambilla. Che poi con l’orango se la vedrà lui.

Massimo Baraldi

www.massimobaraldi.it

Per maggiori informazioni sulla campagna “Scrittori per le foreste: www.greenpeace.it/scrittori

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