Biografia Michael Ende |
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Michael Andreas Helmuth Ende, fantasioso scrittore tedesco, nacque a Garmisch Partenkirchen il 12 novembre del 1929. Era il figlio del noto pittore surrealista Edgar Ende, che nel 1936 sotto il regime di Hitler dovette sospendere esposizioni e vendita (tra l’altro, le sue opere furono confiscate perché considerate “arte decadente”). Michael condusse i suoi studi scolastici con difficoltà, in un inanellarsi di insuccessi e di frustrazioni, con la sensazione che la scuola penalizzasse le sue pulsioni creative e la sua fantasia); nel 1941 subì addirittura una sospensione scolastica che lo portò quasi fin sulla soglia del suicidio. Arruolato giovanissimo nel 1945 (aveva 16 anni), andò al fronte senza addestramento e, sconvolto dalla morte di alcuni suoi commilitoni, scappò ed entrò a far parte del Fronte anti-nazista per la Baviera Libera, rimanendovi sino alla fine della guerra.
Ende s’interessò in modo approfondito del filosofo austriaco Rudolf Steiner (1861-1925) e della sua dottrina spiritualistica nota come “Antroposofia”, che sosteneva la rinascita della realtà dello spirito nella concentrazione e nell’intuizione dell’assoluto. A partire dal 1954 lavorò come critico cinematografico per la Radio Bavarese e iniziò a scrivere opere teatrali, sketch e numeri di cabaret, recitando anche in ruoli secondari d’attore (senza molto successo). In seguito alla crisi matrimoniale dei genitori, nel 1953 la madre Luisä tentò il suicidio e Michael si allontanò dal padre (si riconciliarono dopo 3 anni: in quella occasione i due passarono diverse notti senza dormire, parlando di arte e letteratura).
Nel 1958 scrisse il suo primo libro “Le avventure di Jim Bottone, Un ferroviere e mezzo (Jim Knopf und Lukas der Lokomotivführer)”, che fu pubblicato nel 1960 dall’editore Tienemanns avendo un successo immediato (iniziò anche la fortuna della piccola casa editrice) e ricevendo il premio per la Letteratura Tedesca Infantile (1961). Nel 1964 sposò a Roma Ingeborg Hoffmann, una interprete di jazz e cabaret che aveva conosciuto nel 1951 e che lo aveva sempre supportato; nel 1971 si stabilirono a Genzano nei pressi di Roma, ove rimasero per 14 anni.
Continuava intanto a lavorare per il teatro e a scrivere; nel 1972 pubblicò con Tienemanns il libro per ragazzi (da lui stesso illustrato) “Momo”, ricco di fantasioso simbolismo: un racconto-apologo, una tenera favola che racconta di una strana bambina fuggita dall’orfanotrofio (che non conosce la propria età ed è vestita con una larghissima giacca da uomo), dotata di capacità fuori dal comune (ascolta senza dar consigli o esprimere opinioni e fa udire le musiche e i silenzi della vita interiore), e dei suoi amici Gigi Cicerone, Beppo Spazzino, la tartaruga Cassiopea che prevede il futuro e il custode del Tempo Mastro Hora); attraverso le sue avventure metafisiche contro i Ladri del Tempo, il testo in modo critico focalizza i temi del tempo e del modo in cui esso viene impiegato nella società moderna.
Nel 1977 andò per la prima volta in Giappone, paese che amò ricambiato.
Nel 1979 pubblicò “La storia infinita (Die Unendliche Geschichte)”, libro ricco di spunti fantastici - tra i più letti del Novecento tedesco - che narra le straordinarie avventure del giovanissimo e goffo studente Bastiano (per il quale s’ispirò all’intimo amico Willie, morto nel 1937), il quale viene coinvolto nelle storie di un testo che legge di nascosto nella soffitta della scuola. Il complicato romanzo è diviso in 26 capitoli (tanti quante sono le lettere dell’alfabeto tedesco) ed è scritto in due colori che distinguono le parti ambientate nel mondo degli uomini (in rosso) da quelle ambientate nel Regno di Fantàsia (in verde). Il grandioso romanzo ricevette molti premi e lo impose in tutto il mondo all’attenzione del pubblico e della critica; nello stesso periodo, però, Ende attraversò un periodo di crisi fisico-psichica. In seguito fu amaramente deluso dall’uscita della rimaneggiata versione cinematografica di Wolfgang Petersen (1984), che l’autore visse come «un tradimento a livello umano e artistico»: tentò inutilmente di bloccarne la proiezione e di eliminare il suo nome dai titoli di testa.
Del 1983 è la raccolta di una serie di racconti onirici ispirati ai quadri del padre Edgar, intitolata “Lo specchio nello specchio (Der Spiegel im Spiegel)”, alla quale lavorò per quasi dieci anni.
Dopo la morte della moglie avvenuta per un cancro al polmone nel 1985, Michael Ende ritornò in Germania, e dal 1989 più volte visitò il Giappone ove aveva incontrato la seconda moglie Sato Mariko e ove era divenuto un vero fenomeno di culto grazie a lunghi cicli di conferenze, a presentazioni di libri e a programmi televisivi.
Nel 1992 - periodo in cui cominciarono a manifestarsi i primi sintomi di una grave malattia - pubblicò “La prigione della libertà (Das Gefägnis der Freiheit)”, magistrale raccolta di racconti, nella quale - in una premonizione di morte - dominano un conflitto angoscioso tra realtà e irreale (tra sogno e vita) e un progressivo distacco dalle cose e dalle passioni, in un desiderio di Nirvana. Nel 1994 gli fu diagnosticato un cancro gastrico che lo portò alla morte a Stoccarda il 28 agosto del 1995 (aveva 65 anni).
Michael Ende resterà nella storia della letteratura per la sua fiducia nel potere creativo della fantasia (il regno de “La storia infinita” si chiama appunto Fantàsia), che può dar vita a migliaia di vite e di storie possibili; fantasia considerata sia salvezza da un mondo arido e deludente sia fuga dalla vita ma anche ossessione spasmodica e sogno senza fine.
Di Silvia Iannello
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