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Biografia Ferenc Molnàr
Ferenc Molnàr
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Ferenc Molnàr nacque il 12 gennaio 1878 a Budapest, da una famiglia ebreo-ungherese della media borghesia; il suo vero nome era Ferenc Neumann ma egli volle cambiarlo per averne uno di chiare origini ungheresi. Il padre, un medico molto affermato, lo mandò in Svizzera a studiare Legge ma egli, giovanissimo, preferì lavorare come giornalista presso il Budapest Naplò (Diario di Budapest). Fu l’autore di molte commedie umoristiche di successo, rappresentate in Ungheria, Austria, Germania e Stati Uniti, che gli diedero una notorietà planetaria. Uomo attraente e ricco di fascino, ebbe una vita sentimentale caotica e poco felice: si sposò tre volte con donne bellissime dalle quali divorziò, abbandonandosi forse anche a episodi di violenza domestica. A causa delle leggi razziali, agli inizi della seconda Guerra Mondiale decise di trasferirsi negli USA, ove si pubblicavano e si rappresentavano molte delle sue commedie, insieme alla sua segretaria Wanda Bartha che poi si tolse la vita in un albergo di New York (Molnàr abitava e lavorava in una suite del New York Plaza Hotel). Dopo essersi convertito al Cristianesimo, morì a New York il 1° Aprile del 1952. Il suo primo romanzo fu “La città affamata” (1900), il cui protagonista Pal Orsovai fu definito dalla critica «il Julian Sorel ungherese»; seguì l’interessante “Storia di una barca senza padrone” (1901) che narrava l’amore inquietante di un’adolescente per l’amante della madre, ma divenne conosciutissimo con “I ragazzi della via Pal” (1907), romanzo che rappresenta un vero classico dell’infanzia e che racconta la vicenda quasi eroica di due clan di giovanissimi in lotta per conquistare un magico recinto adatto ai loro giochi; i ragazzi sono rappresentati con fine psicologia e stile poetico in tutte le loro infantili crudeltà, i loro rigidi codici d’onore e i loro atti di ingenuo coraggio. Sotto le apparenze di un cinico sarcasmo, traspare tutta la tenerezza compassionevole dell’autore e la sua partecipazione alla vita dei piccoli personaggi, oppressi da prepotenze e ingiustizie sociali. Seguì nel 1918 il romanzo “Andor” mentre nell’ultimo romanzo autobiografico “Addio, amore mio” (1947) raccontò molte delle sue tristi vicende esistenziali. In “Musica” (1908), Molnàr raccolse diverse novelle, che costituiscono dei veri e propri piccoli capolavori. Nel 1916 pubblicò una raccolta di servizi giornalistici scritti durante la prima Guerra Mondiale, dal titolo “Ricordi di un corrispondente di guerra”. In età giovanile aveva composto anche il valzer “Printemps (Primavera)”. Tra le numerose opere teatrali, ricche di elementi realistici mescolati ad altri di gusto simbolico-favolistico, sono da ricordare la commedia “Il diavolo” (1907), in cui domina un fitto intreccio di realtà e fantasia; il poema scenico “Liliom (Il giglio)” (1909), che racconta in tono romantico le avventure terrene e soprannaturali dell’imbonitore di un parco di divertimenti, dall’animo di eterno fanciullo (nel 1944, da questo testo fu ricavato “Carousel”, stupendo musical di Rogers e Hammerstein rappresentato per anni a Broadway); “Il lupo” (1912); “La guardia” (1910); “La pianella di vetro” (1925); “Il cigno” (1925), da cui fu tratto il film di Charles Vidor del 1956 con Grace Kelly; “Lo spettacolo al castello” (1925), una «metarappresentazione» della vita di teatro sul palcoscenico, ispirata alle tematiche pirandelliane; “La buona fata” (1930) che ispirò il film di William Wyler del 1935; e “Grande amore” (1935). Molti di questi testi teatrali furono adattati per la radio e per il cinema, essendo perfetti per la bellezza dei dialoghi e il romantico sentimentalismo delle storie. A cura di Silvia Iannello

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