"I filosofi, da Sankara a Pascal e a Leibniz, hanno amato definire la realt come un insieme di sogni armonizzati tra loro. In tal modo intendevano sottrarre una parte di realt al mondo esteriore e presentarlo come una fantasmagoria da cui la coscienza si sarebbe un giorno ridestata. Si stabiliva cos una sorta di gerarchia: il sogno, la percezione, l'illuminazione o vera conoscenza, che ordinava al tempo stesso i gradi del sapere e quelli di esistenza della realt. Altri, contemporaneamente, non hanno mai smesso di interessarsi al contenuto del sogno, alle immagini enigmatiche che lo costituiscono e di cui si sono sforzati di interpretare il senso. A seconda delle diverse epoche o delle diverse scuole, hanno ritenuto di potervi leggere sia il futuro di colui che sognava, sia gli inconfessabili segreti che nascondeva a se stesso. Per me i sogni hanno appena pi senso delle forme delle nuvole o dei disegni sulle ali delle farfalle. Non annunciano e non rivelano nulla. La loro stessa esistenza gi piuttosto imbarazzante. D'altronde, possono benissimo essere illusori senza che la realt lo sia altrettanto. Ma poich risulta inevitabile confonderli con la realt, almeno mentre si sogna, non si pu esser certi, quando non si sogna, di non confondere la realt con essi: una difficolt che i filosofi cinesi e quelli occidentali non hanno peraltro mai trascurato." Con uno scritto di Guido Almansi. |