In queste pagine Iaia Caputo intreccia le due grandi passioni di una vita raccontando attraverso il cibo - assaporato, azzannato, rifiutato, gustato, cucinato, condiviso - il dispiegarsi dei suoi anni, e insieme quelli di un'intera generazione. Ecco dunque un'infanzia anni Sessanta a Posillipo, scandita da riti e divieti, da regole e felici solitudini, da grandi letture e un sentimento di sostanziale "inappartenenza" che la spinger a "scavalcare impaziente i recinti per correre sempre pi avanti". Una giovinezza improntata alla passione politica, condita da arancini afferrati al volo per strada e interminabili riunioni alla nicotina. E, infine, una maturit milanese, laboriosa e inquieta, dove la "guantiera di paste" non che una copia sbiadita di quella che fu. Mentre profumi e sapori di ieri si alternano a un presente insonne e vorace, Iaia corre avanti e indietro nel tempo e si sofferma sui legami familiari, sui temibili pranzi della domenica, sull'angolo rustico di paradiso "Da Gigino", dove si festeggiava la fine della scuola sotto una pergola fiorita dividendo l'unica, gigantesca teglia di pizza lunga pi di due metri. Tra le righe, lo "sfarinamento di un mondo che prelude al crollo", l'amore per i libri, quel "fazzoletto di terra d'esilio" da cui sgorga la voce della scrittrice, tesa a testimoniare il suo tempo attraverso lo sguardo della letteratura. |