Siamo sicuri, nonostante si siano susseguite sempre più insistenti le campane a morto, che nell'odierna società della comunicazione, o meglio ancora società dello spettacolo, la figura sociale dell'intellettuale sia così inattuale? Non è che l'intellettuale si è limitato a mutare pelle, con la versatilità che gli si è sempre riconosciuta, adattandosi sin troppo bene al mutato panorama? E, soprattutto, è ancora possibile una azione civile dell'intellettuale o come sostiene Emanuele Trevi "l'artista è colui che incarna al massimo grado la condizione di essere singolo e irriducibile, incapace di venire a patti con la vita intesa come fatto collettivo, convivenza, responsabilità etica"? Per Andrea Cortellessa l'intellettuale di oggi, l'intellettuale postmoderno tout court, nonché legislatore o interprete - per usare i noti termini di Zygmunt Bauman - è da tempo sospeso fra la condizione dello sciamano e quella dello showman. Lo è, per esempio, calandosi nei panni del performer, del giocoliere verbale, dello stuntman ideologico: sino agli eccessi clamorosi, ma anche rivelatori, di un Aldo Busi. Una condizione che non gli impedisce però di piegare su loro stesse le logiche dello spettacolo sino a mostrarne a dito le contraddizioni, le falle e le cesure. Anche oggi insomma, in questo 'tempo-supplemento' che sono gli Anni Zero (i quali non terminano certo nel 2010), è possibile per chi scrive un'azione intellettuale non meramente decorativa o di intrattenimento. |