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Ritorno alla vita
--------------- Raramente capitato di imbattermi in un libro come questo, cos avvincente e cos facile da leggere, nonostante lintensit e la complessit del tema trattato. La tregua il naturale seguito di Se questo un uomo, racconto autobiografico in cui Levi narra della devastante esperienza della reclusione nel lager di Auschwitz, scritto quasi nellimmediato, poco dopo il suo ritorno nella casa Natale di Torino e che gi lo aveva segnalato alla critica e in particolare a Italo Calvino che giunse a riconoscere in alcune pagine una vera potenza narrativa. Se questo un uomo termina con larrivo delle truppe sovietiche nel campo di concentramento, l dove inizia La tregua, una descrizione, pure autobiografica, del lungo e tortuoso viaggio di ritorno, quasi un pellegrinaggio durato diversi mesi, attraverso unEuropa distrutta dalla guerra, devastata dalla furia inconsulta degli uomini, una piccola Odissea in cui il nostro novello Ulisse, cio lautore, reimpara a vivere. Lesperienza del lager lo aveva ucciso dentro, con un annichilimento totale in cui il corpo pareva esistere disgiunto da una vera volont, cancellata, sradicata, una sorta di vita vegetativa in cui nonostante tutto lui cercava di scampare alla morte, a differenza di altri che quasi ormai la cercavano. Questo viaggio, determinato dal caso, dallinevitabile disorganizzazione degli ultimi giorni di guerra e dei successivi primi di pace, diventa provvidenziale, evita lo choc di un reinserimento troppo rapido nella vita normale e conduce a una progressiva coscienza del proprio stato di uomo libero. Ripristinate le forze fisiche, c cos il tempo per ammortizzare quel lacerante dolore interiore, forte, insopportabile nei primi giorni di libert, e che con il passare del tempo cala dintensit, pur senza mai sparire del tutto. Il viaggio quello di unumanit violata, di poveri esseri frastornati dallanaloga esperienza e perci fratelli loro malgrado. Sono tanti i personaggi, vari e finemente descritti, per cui anche possibile considerare La tregua un romanzo corale, in cui ognuno porta i segni della sua sventura e il contributo per la rinascita. Talune vicende raccontate possono sembrare picaresche, ma sono il frutto di una certa incoscienza pi che giustificabile in individui che cercano di riappropriarsi dellesistenza, e come tutti i rinati hanno anche il candore dei bambini, la loro simpatia, le loro bizze. Questi compagni di odissea sono gli abitanti dei paesi attraversati, i soldati dellArmata Rossa, ma soprattutto alcuni che sono rimasti indelebili nel ricordo dellautore: il greco Nahum e il romano Cesare, maestri nellarte di arrangiarsi, Hurbineck, il bambino nato ad Auschwitz che non aveva mai visto un albero, il Moro di Venezia, gran bestemmiatore che sembra uscito dallApocalisse, e tanti altri, che appaiono e scompaiono nel volgere di poche righe, lasciando per il segno chiaro, marcato della loro personalit. La coralit si trova anche nelle pagine in cui si parla del rimpatrio, a guerra finita, dei soldati vincitori dellArmata Rossa, una moltitudine eterogenea che pare uscita dal tendone di un circo equestre, tanti pagliacci senza ciliegia sul naso, in preda a uneuforica gioia, con una incredibile e contagiosa vitalit. Lungo questo viaggio sincontra di tutto, come binari interrotti, campi di smistamento pi o meno organizzati, panorami costituiti da piatte pianure, a tratti interrotte da vere e proprie foreste, e Levi ce ne parla, descrive, ricrea atmosfere, si abbandona, una volta lenita buona parte della sofferenza derivante dallesperienza del lager, a un sentimento che proprio di ogni essere umano e che fu anche di Ulisse: la nostalgia. Ritorna il ricordo della propria casa, dei familiari, cresce, prepotente, il desiderio di essere con loro: la tregua finita, si ormai tornati alla vita. Il libro, scritto fra il 1961 e il 1962, beneficia indubbiamente di un lungo periodo in cui lautore ha potuto essere finalmente fuori dallincubo del lager e infatti la narrazione ha dei notevoli benefici, non ansiosa, n, soprattutto, angosciante, pur se la memoria della prigionia non viene mai meno. Questo consente di stemperare i toni, di arrivare in alcune pagine a vertici sublimi, cosa che il lettore non potr che apprezzare, con un solo dispiacere, quello di arrivare troppo velocemente alla fine. La tregua un libro bellissimo, da leggere e rileggere pi volte, e che sempre lascia unintensa sensazione di serenit. Renzo.Montagnoli
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