Diciotto anni dopo ignoriamo chi azion il telecomando della strage di via D'Amelio, in cui vennero macellati Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. La mattanza di quel 19 luglio 1992 pone ancora una serie di domande senza risposte: come sparita l'agenda rossa nella quale Borsellino segnava incontri, confidenze, ipotesi di lavoro? Dov'era posizionato l'uomo con il telecomando? Fino a che punto i servizi segreti sono stati coinvolti nella trama? Gli inquirenti hanno sbagliato per amore di carriera o per coprire pezzi dello Stato coinvolti con le cosche? Le rivelazioni di Gaspare Spatuzza hanno sbugiardato la ricostruzione ufficiale dell'eccidio su cui si sono basati tre processi con 47 condannati. Oggi sappiamo che Cosa Nostra partecip alla preparazione dell'attentato e che Borsellino non fu ucciso per il fallimento della trattativa condotta dai carabinieri con Riina attraverso la mediazione di Vito Ciancimino. La rilettura dei verbali, le dichiarazioni dei testimoni, l'incrociarsi di vecchie e nuove verit aprono uno scenario rabbrividente. Sullo sfondo campeggia il Ros dei carabinieri: a che gioco giocava? Un filo rosso lega via D'Amelio a Capaci. Falcone e Borsellino puntavano su Milano, da oltre vent'anni vera capitale della mafia. Nei suoi cinquantasette giorni di corsa contro la morte Borsellino aveva capito il meccanismo di quattrini e di complicit. Ma lo Stato, nel cui nome sfidava il Male, fece ben poco per proteggerlo. Questo libro racconta come e perch. |