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Potrebbe sembrare a primo colpo solo una storia di famiglia, quella di Bonaviri, ambientata in una Sicilia feudale, dove il confine fra la miseria e la ricchezza dei nobili e dei notabili netto e invalicabile. Linfanzia di Peppi (Giuseppe, lo scrittore) certamente descritta anche per fissare i ricordi, per mantenere quel legame alla natia Mineo da cui da grande se ne and. Per , soprattutto, il ritratto di una civilt, quella contadina, oggi ormai scomparsa, un quadro illuminato dal sole cocente delle estati e dal gelo dellinverno, popolato da povera gente che lavora dalla mattina alla sera per ricavare quel poco che le consenta di non morire di fame, seguendo un percorso immutabile che sembra relegarla alla dannazione terrena, con lunica prospettiva della morte come fine di ogni sofferenza. In questo senso si potrebbe ravvisare una somiglianza con le opere di Giovanni Verga, che quasi un secolo prima descrisse cos bene la situazione di estrema indigenza delle popolazioni della Sicilia. C per, secondo me, una differenza sostanziale, perch nel verismo che connota le novelle o i Malavoglia figura preponderante la convinzione nellautore che il dolore della povera gente sia un qualche cosa di naturalmente immutabile, cos che i personaggi diventano comparse di una rappresentazione ripetitiva, senza atteggiamenti di piet. In Bonaviri, invece, c un forte affetto per questa sua gente sfortunata, presente nel giovane Peppi lanelito per il riscatto, con la sublimazione dei sentimenti, dellamicizia e cos il suo romanzo tende a essere inquadrato, pi che nel verismo, nella corrente italiana del dopoguerra, il neorealismo, che tanti successi tribut alla cinematografia italiana. Nella narrazione c quella partecipazione derivante dal fatto di essere membro di questa comunit di diseredati che invece assente in Verga, di unaltra classe sociale, di quella piccola nobilt di provincia che sa vedere come stanno le cose, ma non riesce a capire, o meglio ancora non vuole capire, perch la sua unica forza nella rassegnata disperazione di questa moltitudine. Il sarto della stradalunga un diario di famiglia, costruito intorno alle figure emblematiche di Pietro, il padre, di Pina, la zia, e di Peppi, Giuseppe, ognuna delle quali si fa parte narrante, a integrazione del racconto. La figura di Mastro Pietro, il sarto, uomo che, per lambiente, un letterato, sapendo leggere e scrivere, il ritratto di una speranza delusa, di quel tentativo di uscire dal cerchio della miseria, lasciando la campagna per lartigianato; intorno a lui ruota un piccolo mondo di diseredati, che gli si rivolgono per chiedere di scrivere lettere damore, con esiti anche ameni, ma solo un momento di elevazione, perch poi la realt di quello stomaco da saziare riprende il sopravvento e limpossibilit di farlo in modo adeguato segna indelebilmente lanimo, rende luomo taciturno, spento, perch la speranza di un cambiamento definitivamente tramontata. Non meno importante la figura della zia Pina, zitella non per vocazione, ma per necessit economica, una donna rassegnata che ritrova la sua femminilit e quasi un senso di maternit nellamore per i nipoti. Quanto a Peppi il tutto viene visto con gli occhi di un ragazzo, a cui troppo presto si chiede di essere uomo per contribuire al magro bilancio familiare. Intorno a questi personaggi chiave gira una piccola umanit, in preda a superstizioni, a ignoranza e a unatavica fame. Nessuno pi importante degli altri e nessuno importante se non nella misura della sua presenza con cui fornisce il contributo a darci unidea di un mondo crudele, con i pi poveri, uniti non solo dalla loro condizione, ma anche dalla solidariet, da quellamore per il prossimo ormai cos raro a trovarsi. E le parole fluiscono incessanti, con un ritmo blando, una cronaca che si anima ogni tanto dai voli di fantasia di Pietro che per lui costituiscono lunica evasione dalla realt. Il linguaggio utilizzato veramente encomiabile, perch lautore riesce sapientemente a innestare nel quadro di desolazione umana le splendide immagini della natura del suo luogo natio, con tramonti, albe, campi di grano che scorrono davanti agli occhi increduli, ma soprattutto con un estro poetico di rara efficacia e che mi porta a concludere che questo pi che un romanzo, un poema, il canto di uno che cera e che riusc a venirne via, oltrepassando quel confine che, tuttavia, per certi aspetti, vorrebbe ora ripassare per ritrovare quellumanit di cui serba solo il ricordo. Il sarto della stradalunga un romanzo bellissimo, uno di quelli da leggere e rileggere per scoprire ogni volta qualche cosa di nuovo. Renzo.Montagnoli
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