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La primavera del lupo


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"Dario ha le orecchie a sventola e quindi non pu avere ucciso Ges". E la voce esilarante e appassionata di Pietro, un bambino di dieci anni, orfano, che racconta la storia. Tutto comincia nel convento di San Francesco del Deserto, una piccola isola al centro della laguna di Venezia, nel marzo del 1945. Da questo rifugio sicuro, all'improvviso, un gruppo di persone diversissime fra loro costretto a scappare: due bambini di opposta indole ed educazione, Pietro e il suo amico Dario, "che sa i numeri" e si tiene le parole dentro, "dove non fanno danno"; le due anziane sorelle Jesi, Maurizia e Ada; una giovane suora, bella e dai modi sospetti, che scrive un diario schietto, e che si alterna nel racconto con la voce di Pietro. Braccato dai nazisti, il gruppo aiutato da un pescatore "che vive come un gabbiano" e da un frate energico "che come un sasso grande" nella corrente. Nei risvolti tragici dell'avventura si unisce ai fuggiaschi un disertore tedesco, che custodisce un segreto pericoloso: il suo agire brusco e terribile cambier il destino di tutti. Sotto lune immense, attraverso boschi bui e casolari diroccati, si svolge l'inseguimento, tra colpi di scena e incontri con partigiani e fascisti disorientati: uomini e luoghi carichi di diffidenza e di terrore, ma dove una traccia di bont, di tanto in tanto, a dispetto di tutto, riesce a sopravvivere. La storia di Pietro e di Dario una fuga dalla guerra e dal suo linguaggio torbido e ottuso, dalla violenza che tutto contamina.
 
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Dagli occhi di un bambino
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E adesso sono triste anche se la mia zuppa non scotta pi e me la mangio con questo pane buono. Perch delle volte la tristezza viene che non te laspetti, e cos penso a Mauriziada, penso a Lirlandese, penso a frate Ernesto. Loro sono l fuori che camminano nel bosco sotto la pioggia, forse parlano con i lupi, forse parlano con le faine, dormono nella tana delle volpi e sono contenti che io e Dario stiamo al caldo di un fuoco, nella baita, con la zuppa. Sono fatti di gocce, i morti, e si vestono con gli aghi di pino, borbottano con le civette, entrano nei sogni per ridere e piangere con noi, di noi, dellaria, dei gufi, delle cose che brillano come le pietre preziose, le stelle e tutto loro della luna. Siete voi, Mauriziada frate Ernesto Lirlandese, quelli che mi fido per davvero. Voi che non sento pi le vostre voci quando c la paura e c che si scappa. Voi che di notte siete la pioggia che cade, le stelle che se allungo la mano vanno pi in l, voi che di notte siete il mio lupo e una musica che si allontana.


Ho scoperto Andrea Molesini quasi per caso, anche se lui in campo letterario non era di certo uno sconosciuto, in quanto autore di libri di poesia, di saggistica, e traduttore dallinglese di opere soprattutto di Derek Walcott. Ricordo che era lanno 2010 e avevo letto una recensione di Ferdinando Camon al suo primo romanzo (Non tutti i bastardi sono di Vienna), recensione che mi aveva non poco incuriosito per le caratteristiche del libro, ambientato nel corso della prima guerra mondiale al di l del Piave dopo la tragica ritirata di Caporetto.
In quella occasione ho apprezzato la struttura, la narrazione fluida, scorrevole, in un italiano impeccabile, e in generale unimpostazione che, per quanto classica, riuscita ad avvincermi dallinizio alla fine, una sorta di lungo adagio che, ogni tanto, si impenna, ma senza mai arrivare a eccessi, insomma quello che si pu definire un libro scritto bene e senzaltro molto bello. E infatti ha incontrato un notevole successo di pubblico e anche di critica, ottenendo perfino premi prestigiosi, fra i quali il Comisso e il Campiello.
Del tutto naturale stata quindi lattesa per il suo secondo romanzo, La primavera del lupo, uscito sempre per i tipi della Sellerio nella prima met dello scorso mese di maggio.
Infatti mi chiedevo se questa nuova opera avrebbe potuto riconfermare le eccellenti qualit della prima, oppure se, come abbastanza di frequente capita, il nuovo lavoro, magari pur gradevole, sarebbe risultato inferiore al precedente.
Lho letto, con immenso piacere, e mi sento tranquillamene di affermare che Molesini ha confermato il suo talento.
La primavera del lupo presenta alcune analogie con il precedente Non tutti i bastardi sono di Vienna (si svolge durante una guerra, non la prima guerra mondiale, bens la seconda, e anche qui c unoccupazione, non quella dellimpero austriaco, ma quella senzaltro pi dura e crudele del terzo Reich). Queste le analogie, poi, per il resto, completamente diverso perfino come impostazione e struttura.
La vicenda di un piccolo gruppo in fuga dai nazisti (si tratta di due bimbi, di cui uno ebreo, di due anziane sorelle, pure esse ebree, di una finta suora, a cui poi si aggregher in circostanze drammatiche un enigmatico disertore tedesco) potrebbe fare pensare al classico romanzo dazione, ma non cos.
Infatti lio narrante, di volta in volta, Pietro, un bambino di dieci anni, ed Elvira, la finta suora, unalternanza che, oltre a non stancare, dato linevitabile diverso modo di esprimersi, presenta i punti vista dellinfante e delladulto che non sono mai coincidenti.
Il primo riesce istintivamente a vedere ci che pi si avvicina alla realt, il secondo, ormai prigioniero della sua stessa logica, ha un approccio ben diverso, frutto di pi di un ragionamento che lo porta ad avere una visione personale.
Ma la forza straordinaria di questo romanzo sta nel linguaggio del bambino, nelle sue osservazioni che, ad differenza delladulto, non sono frutto di laboriose riflessioni, ma che risultano istintive, perfino nei suoi giudizi dei grandi. E ammirevole e anche stupefacente la capacit di Molesini di esprimersi come se avesse una decina danni, nel coniare frasi sgrammaticate, ma di grande valore, un po, insomma, come se fosse riuscito a retrocedere nel tempo, alla ormai non pi vicina infanzia.
E del tutto naturale, quindi, che Pietro desti una grande simpatia, superiore a quella degli altri suoi compagni di fuga, ma il gruppo va assottigliandosi nel lungo itinerario che li porta da Venezia a risalire la valle dellAdige per rifugiarsi in una laterale della Val di Sole, un luogo adatto a ospitare dei fuggiaschi e dei disertori e in cui c una baita di propriet di Elvira. Sempre sotto loscura presenza di una lussuosa Mercedes che li segue e su cui si nota la presenza di un misterioso albino, unombra malefica che aggiunge terrore alla paura, giungeranno poi alla meta, e mi fermo qui, per non svelare il bellissimo finale che impreziosisce ancora di pi un romanzo veramente bello e pi che mai avvincente. Scoppiettante, con frequenti colpi di scena, con un ritmo sostenuto e diverso a seconda dellio narrante, per dirla con lautore se Non tutti i bastardi sono di Vienna paragonabile a unopera di musica classica, La primavera del lupo invece vero e proprio jazz, ma mai stridente e perfettamente raccordato in un equilibrio armonico di rara efficacia.
Credo che non sia necessario aggiungere altro, perch quando unopera parla da s, con le sue qualit, con il suo linguaggio semplice, ma non elementare, solo opportuno evidenziare, non occorrono spiegazioni, perch queste avvengono spontaneamente in chi legge, tanto che scoprire pagina dopo pagina quanto sia avvincente e appagante finisce con il diventare lelemento determinante. E solo alla fine resta il tempo per pensare e riflettere, e vi assicuro che di occasioni, passi, frasi al riguardo ce ne sono certamente non poche.
Buona lettura, quindi.


Renzo.Montagnoli

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