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Recensione Josè Saramago Intervista
di Lorenzo misuraca
Ad un anno dalle elezioni in Portogallo, che hanno visto l’amministrazione comunali della capitale e il governo passare in mano alla Destra, qual è il suo giudizio sul suo operato nel paese? Saramago: Il problema in Portogallo è che la crisi economica e le difficoltà in cui si trova il paese sono di antica data. Sarebbe da vedere a quando risale questa situazione: a cinque anni fa? A dieci anni fa? Io credo che il compito del cittadino sia quello di accertarsi e controllare l’operato dei politici. Negli ultimi anni si è sviluppato un movimento di persone che, da Genova a Firenze, chiede un mondo migliore. Crede che sull’onda di questo movimento possa nascere anche una nuova letteratura impegnata socialmente, e al tempo stesso di valore? Saramago: Non è importante che nasca una nuova letteratura impegnata. L’importante è che nasca, da questo movimento, una nuova mentalità, perché non c’è bisogno di un mondo più giusto, ma semplicemente di un mondo giusto, che ancora manca. In questa azione è molto importante quello che faranno i giovani. Questo nuovo mondo lo costruiranno i giovani, con l’aiuto- semmai- di alcuni della mia età, che dovranno aiutarvi con l’esperienza. Il 25 Aprile, il giorno in cui si festeggia in Portogallo la liberazione dalla dittatura nel 1974, quest’anno c’erano pochissimi giovani per le strade a manifestare. Questo perché le nuove generazioni portoghesi stanno perdendo la memoria del passato, non s’interessano per nulla di ciò che è stato il passato recente del loro paese. E questo è molto grave. Qual è la sua posizione riguardo all’annunciata guerra in Iraq? È contrario? Saramago: Chiaro che sono contrario! A parte i motivi direttamente collegati alla guerra, che mi portano ad essere fermamente contrario, provi a riflettere su una cosa: in questo momento, mentre noi parliamo, nei paesi poveri una persona muore ogni quattro secondi di fame, o malattia, o per mancanza d’acqua. Basta riflettere su ciò per capire quanto la guerra in Iraq sia sbagliata, e quanto bisogni adoperarsi per risolvere questi problemi innanzi tutto. (Questa Intervista è stata pubblicata sul numero 99, 1 dicembre 2002, di Girodivite.it)
Incontriamo Saramago nel suo albergo. E’ molto alto. La sua età, 78 anni, non lo ha per nulla incurvato. Un ordine religioso trasformato in una multinazionale. ‘Francesco’ è’ un testo anticlericale? Credo che i critici hanno la tentazione esagerata di etichettare, classificare. Non è un testo anticlericale. Si pone piuttosto la questione se siamo al mondo per fare di lui un luogo di giustizia, di relazioni pacifiche, oppure ci serviamo di tutto ciò che costituisce le differenze tra le persone e tra le classi per approfondire ancora di più le differenze che ci sono. Non è un testo anticlericale ma impiega un personaggio storico, Francesco d’Assisi che affronta il problema della sua relazione con il potere, con i soldi, con il potere dei soldi. Un uomo che ha preso la decisione di essere povero. La questione che si pone è, secoli dopo, molti secoli dopo, quale senso ha oggi dirsi povero? Oppure, al contrario che cosa dovevamo fare tutti , santi o non santi, per liberarsi dalla povertà? Questo è il tema. Perché ha scelto Francesco? Beh, in realtà Francesco è sempre stato un santo popolare. E’ un santo con cui noi vorremmo vivere, incontrare per strada, o averlo per amico. Alcuni anni prima di iniziare a scrivere, durante una visita ad Assisi, visitando le chiese e i chiostri, ho visto in un chiostro una bancarella, sulla quale si vendevano immagini e crocefissi, libri edificanti, si vendevano i rosari, tutto questo roba. E ci stavano due frati francescani che vedevano. Io non sono credente, sono ateo, e si sa, agli atei le religioni importano molto perché pretendono che le religioni siano quello che dicono di essere e non quello che dimostrano con il loro comportamento abituale. Probabilmente, io come ateo, sono rimasto più shockato, gravemente shockato, da quella esibizione mercantile di vendite, di chincaglierie, pseudo-religiose. Qualsiasi altro credente arrivava lì e comprava rosari, comprava le spillette, comprava le immagini. Questo shock è stata l’origine dell’idea, io come ateo mi dicevo questo non può essere. La religiosa deve essere un’altra cosa e non questo. Questo mi ha portato a scrivere la pièce. Non voglio provocarla ma questa è una posizione assolutamente protestante E’ possibile di sì, è possibile, nelle questioni etiche, del comportamento umano, sono protestante, dal punto di vista sociale sono protestante, dal punto di vista politico sono protestante quindi è naturale che mi trovi d’accordo con i protestanti in alcune cose. Si sono persi tutti i valori nelle relazioni umane. Il mondo così com’è è un disastro totale. La globalizzazione economica sta eliminando i diritti umani, li sta eliminando e ha come scopo esattamente questo. Le persone non sanno che pensare. C’è mancanza di ideali nel mondo e quando mancano le idee umane si fa ricorso a quelle che si potrebbero chiamare idee divine. La questione è che potrebbe essere possibile e dovrebbe essere possibile conciliare la necessità naturale che alcune persone hanno di spiritualità religiosa con le circostanze meramente umane della vita di tutti i giorni. Io sono e devo dire che per fare un ateo come me è necessario un altissimo grado di religiosità. Ma religiosità più nel senso etimologico della parole. Religione come qualcosa che lega, che mi lega agli altri , al mondo alla storia , al tempo, alla cultura, a tutto . E poi, io non credo in Dio ma se Dio esiste per te, se tu credi in Dio, allora Dio esiste per me in te. Ma io non ho bisogno di Dio. Non ho nessuna necessità di Dio che non sia per litigare con lui. Le è ateo, perché scrive così spesso di Dio e della religione? Perché..,. perché assolutamente naturale che questo succeda. Nella mia testa sono cristiano, per tutta la mia formazione, anche se non ho ricevuto alcun insegnamento religioso, non ho avuto un’educazione religiosa. Però in qualche modo l’aria che respiro è impregnata dei valori del cristianesimo. Quindi dal punto di vista della mentalità sono cristiano e come tale ho diritto di scrivere e pensare, riflettere su di quello che ha fatto di me, in gran parte, la persona che sono. E’ chiaro che tutti mi chiedono, tutta la gente mi chiede perché se sei un ateo scrivi sulla chiesa, sulla religione su Dio? Io dico perché è naturale che io scriva di questo. I personaggi dei suoi ultimi romanzi non hanno nome. E’ vero, i personaggi dei miei ultimi libri , cioè il Saggio sulla cecità, e Tutti i nomi, non hanno nome, per quanto in Tutti i Nomi c’è un personaggio che ha il nome proprio, perché il nome oggi ha sempre meno importanza. Quello che ha importanza oggi, effettivamente è il numero della carta di credito perché un nome si può ripetere. In questo momento per strada, potrebbe passare un portoghese che si chiama José Saramago . Ma invece il numero della mia carta di credito nessun altro ce l’ha. Questo significa che stiano diventando sempre di più un numero e sempre meno persone. Quindi sempre meno nomi. Mi ricordo, sebbene che questa possa sembrare un’affermazione un po’ eccessiva, che anche nei campi di concentramento nazisti quello che si metteva qui, che si tatuava non era un nome ma un numero. E noi siamo sempre più numeri e non nomi. Però in Tutti i Nomi il personaggio che ha un nome ha il suo, José. È un caso e posso dirlo con tutta franchezza . Per dare un nome a questo personaggio, io ho voluto dargli il nome più insignificante che potessi trovare. Il personaggio è insignificante e posso dire che non ho trovato un nome più insignificante del mio. Sorride Saramago, mentre rigira le mani nodose, l’intervista è finita, e poi improvvisamente, in francese : Noi siamo imbecilli, noi, la gente come noi. Non voglio dire che lei è un imbecille, ma io lo sono. Non si arriva a capire che bisogna dire no, che bisogna fermarsi per riflettere per domandare: ‘perché, perché viviamo come viviamo? Di chi è la colpa?’
L'intervista è andata in onda su Raidue - Protestantesimo nel maggio 2000
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