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Recensione Francesco Piccolo

Francesco Piccolo

Allegro occidentale - L'estratto

Dal capitolo 1

Hong Kong, una mattina. Esco dalla mia sontuosa stanza d’albergo a un piano altissimo di un grattacielo. Mi fermo davanti alle decine di ascensori, premo il pulsante e aspetto che uno qualsiasi mi porti giù al sontuoso ristorante per la prima colazione. Entro. C’è un signore cinese. Mentre ci diciamo "morning", mi guarda con un’espressione stupita, quasi sgrana gli occhi, come se non avesse mai visto un essere umano europeo, o per qualche altro motivo che non capisco. M’inquieta. L’ascensore parte e io e questo signore cinese adesso abbiamo davanti un piccolo viaggio insieme, prima di arrivare laggiù al piano terra, e non mi piace che mi guardi così come continua a guardarmi, a scrutarmi, fisso, con occhi ormai completamente sgranati, tanto che io comincio ad abbassare lo sguardo per l’imbarazzo, fino a quando lui finalmente non parla e dice quel che voleva dire.
Non m’aspettavo che parlasse e così sulle prime non capisco niente, tranne una parola che mi sembra abbastanza inappropriata nel contesto: Hollywood.
Però poi lo guardo e dico "what". Così lui ripete la domanda e capisco che sta balbettando (traduco direttamente dall’inglese claudicante che il cinese mostra): "ma lei è... quella star di Hollywood... non mi viene il nome... è lei, vero?".
Mi ha detto così.
Attenzione; non ha detto: sembra, somiglia. Ha detto: è.
Quel che il mio cervello si è messo immediatamente a cercare, così, d’istinto, in risposta a quella domanda confusa, prima ancora di capire se il cinese mi stava prendendo per il culo e forse anche perché era chiarissimo che no, non mi stava affatto prendendo per il culo, ma diceva seriamente – la prima cosa che il mio assurdo cervello si è messo immediatamente a scorrere è un catalogo di volti delle star di Hollywood per capire per chi mi avesse scambiato il cinese. Cioè: alla sua domanda assurda, il mio cervello ha risposto prontamente con una ricerca ancora più assurda per capire a chi somiglio tra tutte le star di Hollywood. Anche se, ripeto, il cinese non ha detto che somiglio a quella star di Hollywood, ma che sono quella star di Hollywood. Intanto però il nome non gli viene in mente, ma si ricorda il film che dovrebbe chiarirmi chi sono secondo lui. Me lo dice. Vi avverto subito che la mia risposta sarà ancora più assurdamente determinante per far credere al cinese che io sono veramente quello che lui crede che io sia.
Mi dice: "l’attore di Face/Off. Mi hai capito, ora?".
E sapete cosa rispondo io, prontamente?
"Nicolas Cage!"
A questo punto, per vari motivi, il cinese fa svanire ogni dubbio: quello che ha davanti non sono io, ma la star hollywoodiana Nicolas Cage.
Provo a immedesimarmi in lui e a cercare di comprendere i motivi per cui è giunto a questa conclusione. Prima di tutto, il signore cinese ha citato Face/Off. La regia è di John Woo, che tutto il mondo conosce come il più famoso regista di Hong Kong, appunto; questo rende immediatamente credibile, e non mi chiedete perché, il fatto che io in quanto Nicolas Cage stia qui a Hong Kong. Sarò venuto a trovare John Woo, forse non ci vediamo dai tempi del film. Poi: in Face/Off gli attori protagonisti sono due, Nicolas Cage e John Travolta. E io ho detto quello giusto. Ho detto quello giusto non perché assomigli a Nicolas Cage ma perché, tra i due, John Travolta mi sembrava ancora più assurdo di Nicolas Cage. Quindi, poiché dico quello giusto, lui pensa che io stia confermando il fatto che ha ragione.
E non basta: il signore cinese ha desunto da due fattori – il mio iniziale spaesamento e il luogo comune sulle star hollywoodiane in vacanza – che io in quanto Nicolas Cage sono qui in incognito. Non ho nessuna voglia che mi si riconosca. Ed è per questo motivo che sto continuando a dirgli che non sono affatto Nicolas Cage e che sono italiano. E poiché sono in incognito e dico che non sono Nicolas Cage, questo conferma che sono proprio Nicolas Cage. Dirò di più: il fatto che io sostenga di essere italiano, annulla paradossalmente anche l’ultima traccia di verità evidente (se, come ormai è chiaro, la mia faccia non solo non smentisce, ma è il motivo palese per cui il cinese pensa che io sia Nicolas Cage), e cioè che il mio inglese è claudicante quanto il suo, se non di più, e con un marcato accento italian-napoletano, quindi come faccio a essere Nicolas Cage; ma presumendo il signore cinese che io sia Nicolas Cage e cioè il grande attore che sarei – e che faccio di tutto per non farmi scoprire –, figuriamoci se non mi metto a fare l’italiano con accento napoletano che parla male l’inglese. E figuriamoci se non mi viene bene a tal punto che sembro davvero un italiano. Anche questo elemento, che dovrebbe strasmentire, invece straconferma e così non c’è più scampo, nonostante io insista a dire con accento claudicante che non sono Nicolas Cage, che sono italiano e che non credo nemmeno di assomigliargli, lui dice: "sì, sei tu, sei Nicolas Cage!" e quando usciamo dall’ascensore, con lui in delirio per il fatto di aver passato tutto questo tempo con Nicolas Cage, io cerco di allontanarmi perché comincia a sbracciarsi e a indicarmi, e insomma mi imbarazza – e l’imbarazzo è un altro indizio chiarissimo che io sono Nicolas Cage e non voglio che mi si riconosca; scappo verso il gruppetto dei miei compagni di viaggio mentre lui ferma chiunque si trovi davanti, e parla concitato e mi indica e io intanto racconto ai miei compagni di viaggio quel che mi è successo e perché quel signore mi sta indicando a tutti; i miei compagni di viaggio si girano a guardarlo e a lui lì in fondo sembra che io, in quanto Nicolas Cage, abbia raccontato che un appassionato di Face/Off mi ha scoperto e che ci dobbiamo dileguare. Io davvero sto chiedendo di dileguarci, ma per il fatto che mi vergogno come un cane, a questo punto, di non essere davvero Nicolas Cage e di doverlo spiegare a tutti tra dieci secondi al massimo.
Per parte mia, vi dico quello che voi potete immaginare ma di cui non potete essere certi visto che non mi conoscete: non assomiglio affatto a Nicolas Cage. Chiunque abbia sentito questa storia, alla fine tutti, nessuno escluso, mi hanno guardato a lungo e poi hanno concluso, tutti, che non assomiglio affatto a Nicolas Cage. Non c’era bisogno di dirmelo, davvero, eppure tutti, nessuno escluso, ci hanno tenuto a dirmelo. Che poi, voglio dire, non mi ha scambiato per Ralph Fiennes o De Niro, Di Caprio o Brad Pitt. No, solo Nicolas Cage, cioè la faccia cinematografica dell’uomo medio. Ed è a questo punto che scopro la questione terribile che vive tra le righe di quel che ha immaginato il cinese. Che non è vero soltanto che per gli occidentali i cinesi sono tutti uguali, ma è vero anche il contrario. Anche per i cinesi gli occidentali sono tutti uguali.
Così mi sono dileguato. E adesso, questo signore cinese penserà per tutta la vita di aver incontrato Nicolas Cage. Quando andrà al cinema, o alla televisione daranno un film con Nicolas Cage, racconterà senz’altro che lui quell’attore lì lo ha conosciuto e gli altri ascolteranno increduli e affascinati il suo racconto di quella volta in ascensore quando Nicolas Cage negava di essere Nicolas Cage. È una cosa che di sicuro racconterà per tutta la vita. Non sempre, magari, ma almeno ogni volta che Nicolas Cage apparirà in un film. Per quest’uomo che vive a Hong Kong o in qualsiasi altro posto del mondo, io sono e rimarrò sempre Nicolas Cage. La traccia che ho lasciato in questo viaggio potrebbe essere duratura; ma è inequivocabilmente falsa. Questo momento chiuso in un ascensore di un megalbergo di Hong Kong insieme a un cinese emozionato e che non stava nella pelle, è stato senz’altro il momento più rilevante e con la conclusione morale più evidente di un viaggio in terre all’apparenza molto lontane ma che sembravano vicinissime e che hanno confuso in maniera definitiva il mio concetto di distanza […]

© 2005, Feltrinelli editore.

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