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Recensione Patrick Redmond L'allievo
le prime pagine
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LETTERA PUBBLICATA DAL "TIMES"
17 ottobre 1957
The Old Rectory
Havering, Kent
Sono da più di trent'anni un fedele lettore del suo giornale di cui ho sempre ammirato l'equilibrata visione del mondo. In effetti, ho finito per considerarlo un vecchio amico, a tal punto che un giorno trascorso senza la sua garbata compagnia mi sembrava incompleto.
Per questo motivo, ho letto con allarmata incredulità, sul numero di lunedì scorso, l'articolo di Colin Hammond Prigionieri del privilegio.
Ancora oggi, dopo dieci giorni, non riesco a capire come lei possa avere pubblicato un articolo del genere. Chiaramente Mr. Hammond è uno di quei "giovani arrabbiati" di cui si legge oggigiorno; uno sciocco arrogante la cui sola possibilità di distinguersi sta nel denigrare tutte le istituzioni care al Paese. Come ha potuto offrirgli una ribalta da cui rendere pubbliche le sue sciagurate opinioni?
L'articolo di Mr. Hammond è uno dei più deteriori esempi di giornalismo in cui mi sia imbattuto. Dopo averlo letto, posso solo concludere che Mr. Hammond non sia sano di mente, oppure che il suo desiderio di notorietà sia così grande da spingerlo a dissacrare impunemente ogni cosa pur di affermarsi.
Come può sostenere che i terribili eventi occorsi a Kirkston Abbey siano da imputare al sistema delle public schools? Come ex allievo di una di tali scuole (Ferrers College, 1919-1924) devo protestare contro questo insulto recato a un'istituzione per la quale ho sempre nutrito il massimo rispetto. La mia scuola, come altre dello stesso tipo, era un posto decoroso e felice, non la prigione brutale e piena di paura che Mr. Hammond vorrebbe farle credere.
I ragazzi al centro di tutto il sordido affare di Kirkston Abbey, non furono "corrotti dal sistema" né "vittime del loro ambiente". Descriverli in questi termini è un errore gravissimo.
Nulla può giustificare l'incontestabile orrore di ciò che essi hanno fatto. Non esistono scuse per un simile comportamento. Nulla - né la giovane età, né la solitudine, né la separazione dalla famiglia - può redimerli nemmeno in parte. Ciò che hanno fatto non è l'opera di ragazzi fuorviati, ma di autentici mostri.
È già abbastanza grave che Mr. Hammond cerchi di difenderli. Il fatto che si spinga oltre e tenti di attribuire la colpa a una stimata istituzione di questo paese, è un atto spregevole che coprirebbe di vergogna qualsiasi persona rispettabile.
Non leggerò più il suo giornale. Non intendo abbonarmi a un organo di stampa che pubblica siffatte deformazioni della verità.
Distinti saluti
Charles Malverton
PROLOGO
Londra, gennaio 1999
Un vento pungente sibilava fuori dalla finestra, ma il riverbero della fiamma faceva sembrare confortevole la stanza. Il giovane seduto in poltrona fissò l'orologio sulla mensola. Le sue guance erano colorite per il calore del fuoco.
Le dodici e dieci minuti. L'ospite non arrivava.
No! Verrà. Deve venire. È in ballo la mia vita!
Si alzò in piedi e si aggirò per la stanza, controllando per l'ennesima volta che tutto fosse come doveva essere.
Era una bella camera: soffice tappeto rosso, pareti azzurro pallido, soffitto alto e grandi finestre da cui si vedevano i marciapiedi e i passanti che camminavano frettolosi, avvolti nel cappotto, chinati controvento. Gli arredi della stanza erano costose riproduzioni di mobili Luigi XV; alle pareti erano appesi acquerelli di navi sul mare.
Su ciascun lato del caminetto c'era una poltrona e, accanto a una di esse, un tavolino su cui erano posati due libri rilegati e un fascio di fotocopie di articoli di giornale.
L'acqua nel bollitore era calda, le tazze e i piattini erano sul vassoio, i biscotti su un piatto di portata. Tutto era pronto. C'era tutto.
Mancava soltanto l'ospite.
Le dodici e un quarto.
Mise un altro ceppo sul fuoco. Sentiva il calore come due mani ardenti posate sul viso. Fissò le fiamme e le guardò danzare davanti a sé. Aveva la gola arida e calda.
© 1999, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.
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