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Recensione Ismail Kadare La piramide
le prime pagine
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Genesi. Una vecchia idea ripresa a fatica
Quando una mattina di fine autunno il nuovo faraone Cheope, asceso al trono da pochi mesi soltanto, lasciò intendere che forse avrebbe rinunciato a farsi costruire una piramide, coloro che l'ascoltavano, l'astrologo di palazzo, alcuni fra i ministri più affezionati, il vecchio consigliere Userkaf e il gran sacerdote Hemiunu, che assolveva anche la funzione di capoarchitetto dell'Egitto, si rabbuiarono come se avessero appena sentito annunciare una catastrofe.
Continuarono per un po' a scrutare attentamente il volto del sovrano con la speranza di scorgervi una traccia d'ironia, poi, come avrebbero raccontato in seguito l'uno dopo l'altro, cercarono di infondersi coraggio ricordando il forse che il faraone aveva proferito a fior di labbra. I tratti di Cheope restavano però impenetrabili, e la loro speranza che si trattasse di una frase pronunciata con leggerezza, di quelle che i giovani monarchi si compiacciono di dire a colazione, si affievolì sempre più. Soltanto poche settimane prima non aveva forse fatto chiudere due dei più antichi templi d'Egitto per ordinare subito dopo di redigere il decreto che proibiva da quel momento agli egizi la pratica dei sacrifici?
Anche Cheope studiava i loro visi. Una luce ironica nel suo sguardo pareva dire: A tal punto, dunque, vi affliggete? Come se si trattasse non della mia piramide, ma della vostra! Oh, Ra, guarda le loro facce già alterate dal servilismo! Che cosa accadrà più avanti, quando sarò invecchiato e diventato più inflessibile?
Senza proferire motto, senza nemmeno degnarli di un'occhiata, si alzò e uscì.
Appena furono soli, gli altri si guardarono con espressione angosciata. Che cosa sta capitando? mormoravano. Quale sventura è mai questa? Un ministro, colto da malore, dovette appoggiarsi al muro della terrazza. Il gran sacerdote aveva le lacrime agli occhi.
Fuori, le spirali di sabbia sollevate dal vento ondeggiavano. I dignitari contemplavano. I dignitari contemplarono con aria smarrita quelle colonne che turbinavano alla conquista del cielo. Se ne stavano cheti; soltanto i loro occhi sembravano dire: Da quale scala salirai fin lassù, amato sovrano? Quando verrà il giorno, come raggiungerai il firmamento per tramutarti in stella al pari di tutti gli altri faraoni? come farai a illuminarci?
Scambiarono poche frasi a bassa voce, poi si separarono. Due di loro andarono a sollecitare un colloquio con Khentkaus, madre del sovrano; un altro corse a ubriacarsi; i più avveduti scesero nei sotterranei che ospitavano gli antichi archivi per consultarsi col vecchio scriba guercio Ipuur.
Per tutto l'autunno non si parlò più della piramide, nemmeno in occasione del ricevimento degli ambasciatori nel corso del quale Cheope, inebriato dalle bevande, si lasciò sfuggire cose che un monarca non dovrebbe pronunciare in presenza di stranieri.
Gli altri cui aveva già confidato il suo proposito nutrivano la speranza che si trattasse soltanto di una burla, e talvolta capitava loro di pensare che fosse di gran lunga preferibile non farvi più allusione, quasi che, non accennando più a quell'idea, essa potesse passare nel dimenticatoio. L'ipotesi contraria era però così terrificante che, giorno e notte, essi non pensavano più ad altro se non al modo di prepararsi a farvi fronte.
Taluni riponevano ancora qualche speranza nella regina madre, dalla quale non giungeva però alcun segno incoraggiante, e intanto la maggior parte di loro proseguivano le ricerche negli archivi.
Più vi s'immergevano, più l'indagine appariva ardua ai loro occhi. Molti papiri erano andati perduti, altri si erano deteriorati, e anche quelli che restavano contenevano brani cancellati o mutili; spesso recavano a margine la scritta per ordine superiore, altre volte non v'era indicazione di sorta.
Per incompleti che fossero, tuttavia, i papiri fornirono ogni sorta di informazioni sull'oggetto delle loro ricerche. Quasi nulla era andato perduto a proposito delle piramidi: i sepolcri originari; le mastabe, che erano state la loro prefigurazione; la storia della prima di esse, della seconda, della quinta; le loro modificazioni successive, l'ampliamento della base, l'aumento dell'altezza; la formula segreta dell'imbalsamazione; i primi tentativi di saccheggio e i piani destinati a impedire simili profanazioni; alcune testimonianze sul trasporto delle pietre, sui blocchi di granito che ostruivano gli accessi; i decreti che innalzavano i maestri di bottega a questo o quel rango; frammenti di calcoli; sentenze di morte; formulazioni incomprensibili o scritte in modo tale che fosse impossibile decifrarle e così via.
© 1997, Longanesi & C
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