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Recensione Nando dalla Chiesa Storie eretiche di cittadini perbene
le prime pagine
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Prefazione
Le biografie personali come specchio di trent'anni di storia italiana. Persone talvolta note al grande pubblico, altre volte conosciute solo da un pubblico più ristretto e più informato o addirittura sconosciute. E che insieme però, con le proprie vicende individuali, compongono un quadro capace di riflettere fedelmente lo spirito, le speranze e i drammi di un'epoca. Ripercorrere quelle vicende, distillarne il senso, coglierne il valore, significa porre interrogativi non retorici su passato, presente e futuro del Paese; e al tempo stesso dare risposte seppur parziali a interrogativi che sono oggi nella mente di molti.
Che cosa sia stata la società italiana negli ultimi decenni, come vi si siano mescolate e centrifugate culture e ideologie, come si siano modificati i contesti in cui le medesime vite si sono trovate a scorrere. Dove vada la vita civile del nord e dove quella del sud. Che cosa sia stata e che cosa sia la sinistra, quali i suoi meriti, quali le sue pigrizie o perfino le sue vergogne. E poi la questione morale, la politica, la società civile e il nodo arroventato della giustizia. Tutto ciò sta nelle pagine che seguono, in modo diretto e immediato, con la forza irriducibile della testimonianza.
Si tratta di storie di cittadini che, in un ideale sondaggio, la maggioranza degli italiani, considererebbe senz'altro "perbene" e meritevoli, riconoscendo loro principî e valore altamente condivisi. E tuttavia questi cittadini hanno dovuto agire nel loro contesto ambientale come eretici, come personaggi "diversi", costretti a lottare contro molte ostilità, talvolta addirittura mortali, oltre che contro luoghi comuni e atteggiamenti sedimentati nelle zone umane, sociali e politiche che avrebbero dovuto esser loro più vicine. Cittadini che hanno sfidato e tuttora sfidano accidie intellettuali, acquietamenti morali, fastidi epidermici, convenzioni mentali. Nell'informazione, nella politica, nel sindacato, nell'arte, nella cultura, nelle professioni; o nella società nel suo insieme. E che devono fondamentalmente la loro natura eretica all'attaccamento alle proprie convinzioni morali, al senso coerente della propria dignità, alla scelta orgogliosa di difendere la propria storia e i propri affetti.
Le storie sono state scelte - tra le tante possibili - per il loro valore e significato individuale. Eppure, al di là dello stesso iniziale programma narrativo, hanno mostrato una meravigliosa, sorprendente tendenza a incrociarsi e a richiamarsi l'una con l'altra. Nei luoghi. Nei nomi. Nei tempi. Nei conflitti senza fine e nei successi sempre precari. La vita del professore liceale di Brindisi si incontra con quella del più celebre dei magistrati antimafia o con quella di uno dei più noti protagonisti di Mani pulite. La vita del cantautore siciliano scappato all'estero in cerca di fortuna incrocia quello del giornalista scomodo, geniale e giacobino. Perfino i nomi tracciano coincidenze strabilianti: lo stesso grande personaggio dà il proprio nome al liceo del più combattivo consigliere comunale milanese e al liceo del cantautore siciliano. E dietro i fili delicati delle storie individuali campeggiano le grandi storie collettive: il Pci, l'associazionismo laico e cattolico, Lotta continua; e poi le istituzioni, dalla polizia alla magistratura alla scuola.
È come se l'essere eretici, eretici per orgoglio civile e onestà intellettuale, portasse inevitabilmente a fare "storia comune", a incontrarsi; proprio come - specularmente - le cronache di questi decenni hanno mostrato essere destinati a incontrarsi, sempre e comunque, i protagonisti negativi della vicenda nazionale.
C'è qualcosa, in fondo, che accomuna il figlio di una vittima illustre e la signora che rifà i letti in un pensionato universitario, l'insegnante di liceo e il giornalista o il magistrato, il cantautore e il consigliere comunale. Ed è il dono della scintilla, lo slancio vitale che porta a non chiudersi mai, a non cercare l'alibi che autorizza a stare zitti o fermi: a non cercare insomma i mille legittimi, umanissimi motivi per i quali i cittadini perbene che non diventano "eretici" decidono di non potersi impegnare. Se la politica nel senso più alto è la partecipazione alla vita della polis, essa, se vuole costruire futuro, è - non può non essere - una combinazione di parola, pensiero e azione. Poiché senza parola la politica diventa solitudine. Senza pensiero, demagogia. Senza azione, salotto. Ecco, nella vita di questi cittadini eretici non vi è traccia né di solitudine, né di demagogia, né di salotto. C'è la storia forte, bella e sofferta che si fa politica, che si fa futuro.
© 1999, Giulio Einaudi editore s.p.a.
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