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Recensione Giommaria Monti

Giommaria Monti

Hina. Questa è la mia vita

Giommaria Monti Hina. Questa è la mia vita
Giommaria Monti Hina. Questa è la mia vita

Io ti ho fatto e io ti distruggo!

Nel lago di Levico, di notte, si riflette il ricordo di queste parole; le gridava mia madre incazzata a mio fratello mentre lo prendeva a ciabattate per qualche marachella.

Mi sono sempre apparse ridicole, vagamente mostruose.
A tratti incomprensibili.
Solo stanotte, però, mi appaiono in tutta la loro mostruosità. Torno dall'aver ascoltato la storia di uno che le ha tradotte in realtà.


Palazzo delle Terme, Levico T. (TN) – 21 luglio 2011 - ore 21

Un non meglio identificato signore coi baffi introduce «Hina. Questa è la mia vita», (edizioni Piemme), di Giommaria Monti e Marco Ventura. Giornalisti. Scrive per Santoro e ha lavorato per La 7, il primo; è alle dipendenze del berlusconiano Il Giornale, il secondo. In sala, solo il primo.

Mentre vado al Palazzo delle Terme mi chiedo chi mai ci sarà, in una sera di fine luglio, ad ascoltare la presentazione di un libro sull'omicidio di una ragazza pakistana immigrata uccisa dal padre perché voleva vivere all'occidentale?
E perchè?
Consumatori di "sataniche" cronache estive? villeggianti astinenti da pettegolezzo morboso?
La sala non è piena. Il pubblico è anzianotto.

A parte qualche scivolone come "terribile vicenda" in cui "un padre sgozza sua figlia" pur essendo una "persona rispettabile" e la strampalata considerazione che il lavoro consolidato, la mancanza di precedenti reati e la proprietà di una casa in Val Trompia rendessero "perfettamente integrato" l'assassino, la presentazione è interessante.

G. Monti dettaglia la documentazione del romanzo e i 4 elementi sull'orizzonte del movente – che, puntualizza, non è di stampo religioso (islamico) nè effetto di un raptus:

integrazione non riuscita
rigidità religiosa tradotta in pratica radicale di vita
rapporto/scontro generazionale
possesso del corpo e violenza sul corpo femminile

Si salvi chi può?
Come in un gioco di sponde, nel "civilissimo" stivale bianco, cattolico, occidentale, il delitto d'onore - articolo 587 del Codice Penale - è stato abolito nel 1981, ricorda il giornalista.
Quando avevo 9 anni, dunque, in Italia esisteva ancora il delitto d'onore: «Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia, o della sorella nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella»
Per l'omicidio premeditato di altro genere, il codice penale prevede l'ergastolo.
Se le cose non fossero cambiate, a quest'ora magari mi avrebbero soppressa.
E, con me, non meno di 10-20-30 donne, amiche, colleghe di mia conoscenza.
Se in Italia la maggior parte degli omicidi e violenze alle donne avvengono in famiglia, ha senso affermare la distanza fra la "nostra civiltà" (o cultura?) e "la loro", - come si agitavano a sottolineare alcune donne nel pubblico?
Distanza da quel "senso connaturato di possesso del corpo e della vita della figlia" sovvertito in Muhammad da Hina, quando ha messo in discussione la sua autorità e le regole del clan?
È davvero scomparsa la concezione di padre-padrone in tutti i nostri uomini?

Effetto Gorgone
Di fatto, non fu il radicamento in un islamismo fondamentalista, a spingere Muhammad Saleem all'omicidio della figlia ventenne, quanto l'esplosione di una tensione accumulatasi nell'effetto Gorgone, lo sguardo pietrificante della sua comunità pachistana in Val Trompia.
La comunità – quella sì – vissuta in modo molto diverso da noi.
Una comunità che ti aiuta a entrare, ma poi ti controlla e ti comanda.
È la gente della sua comunità che ha informato, avvisato, stuzzicato Saleem; che ha continuato a criticarlo, offenderlo, svergognarlo per i comportamenti della figlia, che voleva vivere all'occidentale.
Fino a fargli perdere il rispetto di sè. Vergognarsi di rispondere al telefono per sentirne ancora.
Decidere di sopprimere l'elemento turbolento.
«Si rende conto che lei ha ucciso sua figlia?», hanno chiesto Monti e Ventura a Muhammad
«Sì, lo so, ma era mia figlia»
«Si rende conto di aver comesso un delitto atroce?» -
«Sì, forse ho fatto una cosa brutta» .
Una concezione molto proprietaria della figlia.
Ma non un delitto religioso.

Honour killing, si chiama. Delitto d'onore. In Pakistan funziona così.

Mi giro diverse volte. So che la comunità pachistana e musulmana in questa valle è numerosa – Sarei curiosa e piacevolmente colpita, per una volta, di trovare anche loro. Scopro invece un'assenza che, senza diminuire lo sforzo esplicativo di Monti, dice l'univocità del dialogo.
Honour killing. In Pakistan funziona così. Tanto vale saperlo.
Non saperlo e digerire il pastone di giornalismo estivo che grida al fondamentalismo e allo scontro di civiltà non ci porterà mai oltre quei modelli di "integrazione" su cui chiude Monti.
Una disamina veloce dei modi dell'integrazione che non mi convince.
Rimando altrove per sviscerare il senso (controsenso?) della parola "integrazione", che per le scienze sociali indica l'insieme di processi sociali e culturali che rendono l'individuo membro di una società.
Monti contrappone 2 classici modelli
il Melting pot di New York
la "convivenza affiancata" in Europa
Nel primo, però, confonde fra newyorchese e americano, che, indicano invece due aree diverse
e generalizza un fenomeno newyorchese a mezzo continente.
Nel secondo, non spiega come e perché le sacche culturali residenti in Europa che mantengono il proprio senso identitario sarebbero un fallimento, quando non un pericolo.

Facciamo cabaret?
Chiedo come hanno reagito le altre donne della famiglia di Hina. A quanto risulta, nessuna ha preso le sue difese – una delle sorelle ha commentato «era la sua vita, ma era sbagliata».
In un'intervista, Monti e Ventura hanno chiesto all'Imam di Brescia «ma se il padre di Hina ha sbagliato, che cosa avrebbe dovuto fare? Cosa dovrebbe fare un bravo musulmano, in questo caso?»
Risposta: «Da noi si compra un annuncio su un giornale e si scrive "mia figlia vive per conto suo. Non è più mia figlia, sta facendo delle scelte che non condivido, quindi non ne sono più responsabile"», cioè si prendono pubblicamente le distanze.
Più che un trionfo del sistema famigliare, mi sembra l'ammissione della sua ennesima disfatta.
E non sappiamo se in tempi di delitto d'onore, in Italia, il disonorato potesse aggirare l'omicidio pubblicando un annuncio di ''disconoscimento'' della disonorante.
Sono solo alcune domande cui far fronte in un paese sempre più mescolato.
Non ultima, come sarebbe stata raccontata la vicenda, da pachistani musulmani?
Queste e molte altre domande, queste e molte altre informazioni sono necessarie, se il dibattito del pubblico si chiude con una signora del nord (Italia - aka 'polentona') che suscita le ire di una del sud (aka 'terrona') ricordando i non lontani padri-padroni terroni emigrati a nord. E con le proteste di una bresciana che dice che "Gesù aveva aiutato la donna" e poi lamenta «e se questo era integrato e questo è quello che ha fatto, c'è da sperare e siccome sono tantissimi, ne abbiamo troppi, ne abbiamo troppi, non per discriminare, purtroppo Brescia è proprio al tracollo. – ma adesso il lavoro manca anche per noi, il lavoro, il lavoro manca anche da noi, una parte sì, una parte sì, ma siccome sono troppi e il lavoro è venuto a mancare anche da noi, con la concorrenza cinese» – E poi rimprovera Monti «Una cosa che mi è dispiaciuto che ha detto era una ragazza che si faceva le canne e che tutti i ragazzi di 15, 16 anni a Brescia si fanno le canne, io ho due nipoti, ma non si fanno le canne»**.
E poi avanti, infierisce, ancora ci fa del male, sentendosi certo legittimata a dire quello che pensa, a pensare di avere un pensiero da dire, in quanto italiana, in quanto bresciana, in quanto non si sa cosa «Ma ne abbiamo troppi, ne abbiamo, di questi extracomunitari! Adesso con la crisi sono troppi, non ci servono più»
«Sono troppi anche gli italiani che sparano cazzate, signora» le rispondo.
Annalisa Dolzan

** trascrizione fedele da registrazione

(da http://adolzantraduzioni.blogspot.com/2011/07/io-ti-ho-fatto-e-io-ti-distruggo.html)

Di adolzan

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