|
Scrittori presenti: 21052 Menu categorie Menu |
Recensione Ermanno Prandini Relegare i versi di Prandini ad una pseudo poetica della nostalgia sarebbe una tentazione troppo facile e semplicistica. Sì, perché nei componimenti dell’“artista” asolano (e ci sentiamo di usare questo appellativo perché quello di poeta viene in esso a sussumere) si esperimenta una vera e propria confluenza espressiva: la pittura si fa poesia e la poesia immagine, l’immagine suono e il suono parola. Il punto di vista non è quasi mai un fagocitante io narrativo che risolve il molteplice nell’esperienza senziente individuale, quanto piuttosto un proiettarsi all’esterno e un partecipare alla comunione con una natura che Prandini sembra innalzare ad una eternante laica religiosità dello spirito. Tuttavia i dissidi e i turbamenti di un anima così inquieta non si devono affatto ritenere risolti nella celebrazione di un mondo agreste dai connotati apparentemente idilliaci. Oltre la descrittività di bozzetti campestri, che pure sono di pregevole fattura, prorompe un linguaggio metaforico che, nel più consueto stile simbolista, si avvale di analogie e corrispondenze che infrangono il ristretto ambito semantico delle parole, sino a espanderle ai limiti della possibilità e dell’intuizione: nell’innata predisposizione di Prandini a scorgere negli oggetti della quotidianità imprevedibili destinazioni d’uso, va individuata la sua capacità di scorgere al di là del visibile. Ancora una volta è il caso di sottolineare che nella poesia «bucolica» di Prandini ciò che più balza all’occhio è il costante riecheggiare di una atavica religiosità del mondo che attiene ad un gusto “classico” che molto bene Shiller ha denominato “spontaneo”. Di Gilgamesh
|
Ora puoi inserire le news di zam.it sul tuo sito.
|