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Recensione Jacqueline Wilson Il libro edito da Salani nella collana Banane rosse, è rivolto a bambini che non sono più "principianti assoluti" e ormai si sentono veri lettori. La storia, in effetti può essere piacevolmente letta da un bambino di 7 anni, che abbia, appunto, appena iniziato a leggere da solo. La storia si svolge tra un campo estivo e la casa dei protagonisti: due fratelli, Sara la maggiore e narratrice del libro e Tommaso, fratello minore da accudire. Al campo estivo Tommaso incontra un bullo, Gran Dan, che lo mette in difficoltà già dal primo giorno incollandogli il nomignolo "Tommasina". Tommaso rifiuta di tornare al campo estivo, ma il padre lo costringe perchè deve imparare ad affrontare le difficoltà. La scelta di realizzare un costume, considerata attività da femmine, soddisfa la sua creatività e gli permette di dimostrare la sua forza. Tommaso non è un bambino che ama lo sport; preferisce costruire, realizzare un prodotto con le proprie mani senza l'aiuto di un adulto. In questo si dimostra capace e sbalordisce l'animatrice e le bambine presenti al laboratorio realizzando una casacca impreziosita da un drago sulla schiena. La storia si conclude con un trionfo per Tommaso che acquista popolarità e riesce ad avere una rivincita su Gran Dan. L'occasione gli arriva immediatamente allorchè gli viene chiesto di realizzare i costumi per lo spettacolo di fine campo estivo al quale parteciperà anche Gran Dan, e al quale Tommaso riserva una sorpresa fatta con le proprie mani. La storia è semplice. Semplice anche la trama; scorrevole e sciolto lo stile, ma povero di battute ironiche. La storia è uno stralcio di vita quotidiana dei bambini; uno spaccato realistico del vissuto, un episodio tipicamente infantile. Tommaso, il protagonista, è un bambino comune, presentato fin dall'inizio con le sue paure e suoi desideri: rimanere in casa, un luogo sicuro e protetto dai pericoli. La sorella maggiore Sara fa da semplice supporto alla vicenda e si pone principalmente da osservatrice e narratrice. I coetanei rappresentano una compagine uniforme e poco descritta, messa in ombra per far emergere Gran Dan, il quale, per essere un bullo, agisce sempre da solo. Gli adulti hanno un ruolo molto passivo nella storia, ma anche nella funzione canonica assolvono i loro incarichi educativi con estrema debolezza. Gli animatori, presenti al campo estivo, chiamati "assistenti" sono presenti fisicamente e non rimangono sulla scena. La loro presenza è definita e garantita solo nel momento in cui la scrittrice li inserisce, con la stessa misura con cui inserirebbe un qualunque oggetto o qualche altra figura: un prete, un passante, il lattaio. Il loro ruolo inizia e finisce solamente quando viene risolto il problema di assistenza al bambino. I genitori hanno ruoli molto stereotipati e socialmente poco evoluti: la mamma ansiosa protegge il bambino, mentre il padre, che vorrebbe un figlio maschio secondo gli standard ovvero che giocasse a calcio, fosse più aggressivo e magari un tantino irriverente, riesce solamente ad imporgli un'attività che al figlio fa paura. Entrambi i genitori danno la misura di non essere in grado di parlare con il figlio, di rassicurarlo, di condividere anche delle paure. Non ultima la sorella Sara, alla quale, come si addice ad una "buona sorella" deve fare le veci della madre accollandole l'"assistenza" del fratello, caricandola di un fardello che, per diritto, non dovrebbe avere. Ciò che rende piacevole la lettura di questa storia, come "Salita in discesa" della stessa autrice è la semplicità del contenuto e dell'esposizione. I contenuti didi entrambi i racconti riprendono appunto momenti, flash quotidiani di vita infantile, regalando ai bambini la facilità di una lettura amena che parla di loro, e degli adulti che li circondano. Le illustrazioni di Davis confermano la mancanza o l'incertezza di una informazione sul lavoro dell'animatore o animatrice di campo estivo. Chi lo pratica non vestirebbe le animatrici con orpelli, vestiti succinti e tacchi da gran galà, perchè ai bambini del campo estivo interessa conoscere l'adulto che interagisce con loro, che è presente non solo fisicamente, ma che accoglie tutto il loro essere per stare con loro. La critica è rivolta alla debolezza del messaggio educativo in un epoca in cui si è fatta largo, anche tra la comune pedagogia, l'importanza della riflessione sull'educazione dei bambini. Di adolfina de marco
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