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Recensione Daniele Gogliettino
“Distratto dalla frenesia e dal caos del vivere moderno, non ha neanche il tempo di fermarsi a pensare, a riflettere. L’uomo di oggi è tanto occupato a cercare una soddisfazione personale che non ha neanche il tempo per domandarsi in fondo che cos’è questa felicità e questo bene che tanto brama. È distratto ed è ‘ubriacato’ dalla sua ansia, di volere, di potere, di sapere”. È una delle tante frasi che hanno colpito la mia attenzione quando ho incominciato a leggere, dopo averlo adocchiato sul bancone della libreria, il saggio dell’autore emergente Daniele Gogliettino. Di solito non compro libri senza essermi prima informata sui contenuti, ma se da una parte il commesso, percependo la mia indecisione, è corso in mio aiuto consigliandomene la lettura; dall’altra sono stata attratta, e lo confesso con una certa ingenuità, dalla sensazione di libertà e di calore che ho provato nel guardare la copertina. Ma le attese iniziali sono state ampiamente ripagate. Il libro si snoda veloce attraverso ventidue capitoli, ognuno dei quali non occupa più di una decina di pagine. L’opera è composta da 145 pagine ed è alla prima edizione (novembre 2010). Gli argomenti trattati trovano una loro naturale collocazione all’interno dei singoli capitoli, strutture indipendenti e fruibili anche singolarmente. Si creano spazi di riflessione alla fine di ogni sezione, e il tutto si innesta in un percorso omogeneo che dalla premessa ci conduce sino all’ultimo capitolo. Durante la lettura le nostre attese crescono. Anche se stiamo parlando di un saggio che tratta argomenti religiosi e filosofici, l’autore non annoia mai; anzi riesce ad affrontare, con una spiccata abilità narrativa e una disarmante semplicità, temi quali il senso di colpa, il peccato o l’inferno, che risulterebbero ostici anche ai professionisti del settore. Gogliettino si domanda e ci domanda se la religione cristiana può oggi rispondere ai bisogni più profondi dell’essere umano. L’amare, il sentirci amati e la felicità sono le grandi aspettative che nascono all’interno di ogni individuo, ma che nella nostra modernità sembrano due chimere che si perdono nel tempo. Gogliettino esige aiuto dai grandi pensatori della storia, sia atei che cristiani - cita espressioni di filosofi, psicologi, scienziati, poeti, grandi umanisti del passato e importanti scrittori del presente – e ci conduce in una originalissima ma quanto mai spiazzante riflessione critica. Il tutto avviene alla luce della propria esperienza personale, in modo che da un piano puramente speculativo, si passa di volta in volta agli aspetti più concreti e quotidiani degli argomenti. Il momento culminante del libro è rappresentato dall’idea che ancora oggi è possibile incontrare Dio, poiché la religione cattolica non è la fede in un libro ma in un incontro, in una mano che si avvicina alla tua senza chiedere nulla in cambio. Il saggio è indirizzato a chi cerca nuovi elementi per ritrovare una fede smarrita o compromessa, ma anche al non credente, per i tantissimi spunti di riflessione. L’inquietudine che si fa strada nei nostri pensieri e le passioni che sperimentiamo nella nostra vita cercano una risposta che chiama in causa tutte le capacità del nostro essere sia spirituale che intellettivo e razionale, e che sia convincente per ogni singolo individuo. Gogliettino ci spinge alla riflessione e ci dice che: “La banalità moderna consiste proprio in questo: nella mancanza di idee sulla vita, sugli altri, su noi stessi. E’ nell’apatia e nell’indifferenza moderna che l’uomo si chiude in se stesso, pensa solo a sé e commette appunto il più grande dei peccati, quello di sottrarsi all’amore che gli viene donato”. Di adapunzo
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