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Recensione Paul Veyne Quando l'Europa è diventata Cristiana (312-394). Costantino, la conversione, l'Impero
Paul Veyne Quando l'Europa è diventata Cristiana (312-394). Costantino, la conversione, l'Impero
Paul Veyne ci ha sempre abituato a grandi ricostruzioni della storia romana, non ci ha mai fatto mancare profondi spunti di riflessione sul come affrontare la materia storica. Questa volta l'argomento è caldo per non dire scottante, sia da un punto di vista puramente storico che di urgente attualità, e le nostre attese di riconferma di una grande analisi non sono state assolutamente disattese. Veyne si misura con un evento capitale dell'Europa e dell'intero Occidente: il passaggio dallo stato particolare a quello universale della religione Cristiana nel IV secolo, e gli effetti che la modernità europea ne può tuttora percepire nei propri tratti caratteristici. E' di Europa, di Occidente che si parla, è delle sue radici e della sua futura espansione ecumenica, a cui è difficile dare una spiegazione attraverso i soli fatti trattati dagli storici, e la cosa da come si dispiegherà risulta assolutamente composita.
Due sono gli attori principali di questo avvenimento. Il primo è Costantino, un uomo, un imperatore romano tra i più virtuosi che abbia avuto Roma, un eroe, un politico con le idee giuste al momento giusto, un rivoluzionario, un servitore fedele e convinto dell'unico dio della religione cristiana. Il secondo è la Provvidenza, la grazia divina, misericordiosa, attenta, onnipotente, giusta e salvifica che appare in sogno a Costantino la notte prima della battaglia decisiva per il suo futuro, in cui il dio dei cristiani gli assicurò la vittoria a patto che esibisse pubblicamente la sua nuova religione. Nella sua forma pagana la Provvidenza, la heimarmene era un elemento portante dello stoicismo, ed era passata in tutto il suo rigore logico anche nel cuore politico dell'impero Romano, basta solo ricordare gli scritti di Marco Aurelio e i suoi continui riferimenti alla Provvidenza. Altro tema classico dell'antichità greco-romana era l'onirocritica - l'interpretazione dei sogni -, un tipo di letteratura che nell'Antichità fu copiosa. E' probabile quindi che anche il giovane e sensibile imperatore Costantino ne abbia provato fin da subito il fascino, e possiamo quindi constatare che la Provvidenza e i suoi segni divinatori, nel suo concetto più ampio che va dal filosofico al religioso percorre tutta la vita di Costantino. A fianco e dietro tutte le sue azioni, sembra che la Provvidenza formi come una prodigiosa riserva di tolleranza ragionata, di utopie, di sogni, di visioni, di desideri, di aspirazioni. La cristianizzazione operata da Costantino dell'Europa si legge volentieri come il protocollo di una fantasticheria liberata. Per Veyne, Costantino sarebbe per la chiesa quello che Lenin ha potuto essere per il socialismo. Noi uomini ormai secolarizzati, possiamo meravigliarci che tanto fervore religioso, tanto slancio utopico, lasci una così grande impressione di progettualità politica. Più precisamente, che Costantino abbia egli stesso ideato, con la vivacità di un'immaginazione onirica entusiastica, ciò che apparteneva in modo così evidente alla ferma volontà del calcolo politico.
A meno che forse Costantino non abbia fatto in quel momento l'esperienza di un'ispirazione particolarmente moderna e ancora poco conosciuta fino a lui. In realtà il IV secolo ha scoperto uno spazio di immaginazione di cui le età precedenti probabilmente non avevano sospettato la potenza. Questo nuovo luogo spirituale non è più la veglia, l'attenzione continua verso sé stessi dello stoicismo e delle altre scuole filosofiche, il leggendario pragmatismo romano, la prassi politica scevra dalle dirette implicazioni della religione, l'attenzione sempre vigile: è al contrario la notte visionaria, il sonno illuminato, lo spazio indefinito spalancato davanti alla moralità universale. Il teorico generale ormai nasce dalle interpretazioni oniriche, dal sogno profetico chiaro e sibillino che si schiude su immagini di imprese da realizzare; si dispiega con cura negli auspici dei libri sacri, dai simboli carismatici che inaugurano il nuovo corso della storia, dalle insegne della nuova religione salvifica, con tutti i suoi riti, le sue cerimonie, con le sue assemblee estatiche che la limitano da tutte le parti -infatti all'opposto il paganesimo era una vera e propria casa aperta a chiunque senza richieste alcune- ma che da un'altro verso si spalancano su mondi paradisiaci. L'agire positivo nella storia si inserisce tra il segno premonitore e il giaciglio. Non si ha più il miracoloso nel proprio cuore; non lo si attende più dai capricci del fato; lo si attinge dall'esattezza della profezia totale; la sua ricchezza attende tra le promesse della storia della salvezza dell'intera umanità. Per sognare non bisogna abbandonarsi tra le braccia di Morfeo, bisogna avere fede nella propria ambizione e nel proprio ruolo principale nella redenzione di tutti gli uomini. Il vero concetto sta nella conversione confermata dalla divinazione totalizzante. Sono le parole dei profeti dell'Antico Testamento, i vangeli del Nuovo Testamento, la figura carismatica di Gesù Cristo, l'organizzazione capillare e severa della chiesa, i richiami collettivi domenicali, il rapporto diretto personale con il divino che portano nell'esperienza del IV secolo i poteri dello spirito generale. L'ispirazione visionaria non si costituisce contro il reale per negarlo o compensarlo; si stende tra i segni divinatori, dai libri sacri al sogno, nello spazio che congiunge il libro alla profezia; nasce e si forma nel tratto che unisce la storia al suo compimento. E' un capolavoro del tempo storico.
L'Europa assume una nuova fisionomia dalla conversione di Costantino nel momento in cui innesta il cristianesimo nell'impero conferendogli un significato nuovo nella storia universale, è l'ambiente di una religione dell'amore universale e personale insieme, è poi sopra ogni altra cosa, anche più della stessa salvezza e immortalità dell'anima, la trama cristiana dell'epopea storico-metafisica della Creazione e della Redenzione. Le imprese di ampio respiro si realizzano ormai con l'appoggio di visioni universaliste, sempre in accordo con lo spirito di rinnovamento di una società che ha fatto della storia della sua salvezza il proprio racconto, attraverso la glorificazione di un dio armonizzato con la sorte dell'umanità, nello spazio di una predestinazione che apre le porte alle grandi speculazioni teologiche medievali. La storia mondiale s'infila tra il cristianesimo e la sua chiesa.
Di il francigenista
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