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Recensione Luciana Capretti Ghibli
le prime pagine
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Agosto 1970
Mahmud c'era riuscito. Aveva convinto gli ufficiali di polizia che quel negozio gli spettava di diritto perché vi aveva lavorato insieme al padrone italiano, e ora sedeva immobile, intontito di soddisfazione, un sorriso sulle labbra sottili: aspettava la fine del ghibli. Non aveva fretta, di ghibli ne erano passati tanti prima della liberazione e questo poteva goderselo, dietro le mura bianche del suo vicolo, zanghet Bel Her. Sentiva le sferzate del caldo, quasi con piacere. Il piacere nuovo di chi può aspettare, non ha bisogno di muoversi, per sopravvivere.
Il vento del deserto penetrava a vampate sempre più forti dalle mush'arabiya, attraverso gli incroci del legno, e toglieva il fiato. Mahmud osservava la sabbia filtrare nella stanza, depositarsi dappertutto, vincere l'ordine innaturale della casa. Come se anche la sabbia stesse compiendo la sua rivoluzione, soffocando i resti di quasi sessant'anni di invasione straniera. Dal cortile saliva l'odore del cuscus, un odore oleoso che ormai aveva permeato le stanze, le stuoie, i tappeti. Che era entrato nelle narici di Mahmud per sempre, dal fagotto di stoffa portato avanti e indietro dalle case degli italiani a cui vendeva la semola della madre in cambio di qualche piastra, qualche vestito smesso, qualche lavoretto.
© 2004 RCS Libri Edizioni
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