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Recensione Biastemo il giorno che me innamorai, Biastemo il giorno che ti misi amore, Biastemo il giorno che in te mi fidai, Biastemo il giorno che ti déi il mio core; Biastemo il bene ch’io te volsi mai, Biastemo l’alma mia, che per te more… E’ l’anno di grazia 1588 e a Triora, un paesino della Valle Argentina, sito nel retroterra di Ventimiglia, corre la paura, c’è la caccia alle streghe, ree di aver fatto mancare la pioggia e di aver ridotto alla fame gli abitanti. Sono giorni di sospetti, di calunnie, di confessioni estorte con la violenza, di nomi di innocenti fatti sotto tortura, con i nuovi incolpati che, per lenire le sofferenze, chiamano in causa altri incolpevoli, in una spirale di crescente terrore. Spadroneggia, forte della sua carica, il commissario Giulio Scribani, feroce persecutore di seguaci del diavolo e fra queste Magdalena, la più bella del paese, amante di un nobile soldato, peraltro coniugato, e che farà di tutto per salvarla dal rogo. I fatti accaduti in quell’anno sono veri e sono documentati da incartamenti d’epoca e da saggi storici. Pure vero è il commissario Scribani, mentre la vicenda di Magdalena e del suo amante è frutto di fantasia, innestata però con perizia nella realtà degli eventi, al punto di apparire del tutto verosimile. Fiorella Borin si destreggia abilmente fra realtà e invenzione scrivendo un romanzo, in cui superstizione, fanatismo religioso e amore contribuiscono a costruire una storia di grande interesse e anche di notevole bellezza. C’è solo follia, la follia della gente ignorante e pavida che soggiace alla volontà della Chiesa tramite le parole del vicario Gerolamo Dal Pozzo che di fatto insinua il sospetto e indica le prove, gli elementi di chi potrebbe essere una strega e trasformando così la paura in terrore; c’è la follia ancor più malvagia di Giulio Scribani, un fanatico che vede intorno a lui solo streghe; e infine c’è la follia di un innamorato che cerca inutilmente di salvare la propria amata. E per tutto il romanzo arde costante un solo fuoco, quello di un amore che va oltre ogni limite, al punto che, proprio per amore, si può anche dare la morte affinché non si abbia troppo a soffrire. Lei, rea confessa, la cui assunzione di colpa appare, oltre che inspiegabile, stupefacente, finisce con il diventare la vera protagonista, lei e tutte le donne che nei secoli sono state comodi capri espiatori. Il fuoco del rogo brucia tutto, anche ogni speranza, ma non l’amore e solo dopo, per un caso fortuito, sapremo il perché delle strane parole della confessione, un ulteriore, supremo e sublime atto d’amore. Così, dopo aver letto e apprezzato due libri concernenti processi di stregoneria (Tu non dici parole, di Simona Lo Iacono, e La chimera, di Sebastiano Vassalli), ho seguito con passione ed emozione questa storia, con un senso di presenza ai crudeli interrogatori, alla disperazione dell’innamorato, sotto un cielo cupo e in un’atmosfera dal pungente lezzo della paura. Presunte streghe, povere donne innocenti sacrificate all’altare della superstizione, volti sconosciuti, ma quello di Magdalena me lo sono immaginato, provato, scavato, ma radioso nell’amore che la sosteneva, questa forza quasi immortale che resta anche dopo povere ceneri. La firma del diavolo è un romanzo semplicemente stupendo.
Di Renzo.Montagnoli
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