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Recensione Già dalle prime pagine l’IO narrante, rappresentato da Gregorio Valli, il maggiordomo di Raimondo Mirabile, l’effettivo protagonista, mi ha fatto venire in mente un altro personaggio, Archie Goodwin, il segretario di Nero Wolfe; poi, nello svolgimento della trama, un vero e proprio feuilleton ambientato in una fosca Milano degli inizi del secolo scorso, l’autore ha attinto a piene mani ad altri generi e sottogeneri. Così, nell’ambito di una vicenda di extraterrestri e quindi propria della fantascienza, si innestano, oltre a elementi del giallo, anche aspetti e situazioni tipiche del gotico, dell’esoterico, con una puntata nell’atmosfera dello steampunk. Nasce così un curioso cocktail in cui Graziano Versace sembra trovarsi, tutto sommato, a suo agio e di questa costruzione narrativa il lettore non potrà che essere appagato, costantemente teso a scoprire come i nostri eroi riusciranno finalmente a sventare una diabolica cospirazione messa in atto da esseri alieni. Giova molto, peraltro, l’agilità di una scrittura dal tono velatamente distaccato, quasi di epoca vittoriana, che più che tendere a drammatizzare induce ad alimentare una curiosità sull’evolversi della vicenda che cresce progressivamente, fino a quasi il parossismo delle pagine finali, con una discesa in una cripta, gigantesca, di una tomba monumentale del cimitero di Milano in cui ritroviamo strumenti e macchinari tipici dei romanzi di Jules Verne Viaggio al centro della terra, Dalla Terra alla Luna, L’isola misteriosa e Ventimila leghe sotto i mari. L’impressione è così di immergersi nei ricordi delle letture della giovinezza, allorché attiravano maggiormente le avventure narrate dallo scrittore francese anziché quelle di Asimov, forse perché le prime avevano un sapore pionieristico, quasi artigianale, meno tecnologico del mondo dei robot. Oggi la fantascienza è una proiezione della scienza nel futuro ed è quasi scontato che un giorno sarà così, ma il sapore di qualche cosa che sembra più dimensionato all’uomo si ritrova in opere come quelle di Verne, di Wells e anche in questo piacevolissimo romanzo di Versace. Peraltro, il richiamo al futurismo non è solo opportunistico, vista l’epoca, ma va ben oltre e sembra avere un significato profetico, con quel delirio di volontà e di potenza con il quale gli alieni intendo asservire i terrestri. Le loro parole circuiscono, nel dire una cosa se ne imprime un’altra nelle menti, un’allusione all’attuale comunicazione televisiva che non libera, ma assoggetta. Fra trovate geniali, come quella dell’olio sostituito al sangue, e altre con vaghi richiami letterari, come la serata futurista, è un salto nel passato per comprendere il presente, e, secondo me, sta in questo la reale grandezza del romanzo, peraltro godibilissimo anche come letteratura fantastica. Da leggere, non ve ne pentirete. Di Renzo.Montagnoli
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