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Recensione Suscita ancora interesse un giallo che, senza indugiare al (cattivo) gusto del macabro e del truculento non sia farcito di schizzi di sangue e di brandelli di carne umana? Sulle tracce di quei modelli che tanto successo ebbero quasi mezzo secolo fa, questo è un tentativo di riscrivere il “giallo classico perbene” ove i personaggi di oggi, sulle orme lasciate da quelli di ieri, ripetono, ora come allora, le stesse intenzioni e le stesse azioni. La storia (pur gravata di ingredienti drammatici e attuali) fa riecheggiare, dal fondo della memoria sopita, il suono di lievi e antichi ricordi. Pur mutando contesto, tempi, luoghi e persone, qualcosa permane di magicamente immutato: così nella Sicilia di oggi, come nella vecchia campagna inglese di ieri, i palpiti del cuore, le emozioni e i sentimenti, resistono alla corrosione del tempo come costanti universali intatte: proprio come fari rassicuranti, nel mare tempestoso dell’esistenza. I titoli dei capitoli sono stati sostituiti con i titoli di canzoni che si possono considerare ormai, a tutti gli effetti, parte integrale del patrimonio artistico e culturale delle isole Pelagie: sono quasi tutte di Claudio Baglioni (ad eccezione dell’ultima che è di Domenico Modugno). L’attinenza fra titoli e contenuti è un enigma che si svela di volta in volta (per chi non conoscesse i testi) con l’ausilio di alcuni versi riportati alla fine di ogni capitolo. È un doveroso omaggio a coloro che per primi hanno “scommesso” con l’impiego del loro talento, puntando ad un’opera di concreta valorizzazione delle Pelagie. Infatti, dietro la trama, affiorano le condizioni di precaria emergenza delle isole minori che coronano la Sicilia, ove i cittadini vivono subendo la condizione di “dimenticati dallo Stato”, di cittadini di serie B. Il loro isolamento paradossalmente contiene in sé il seme di una grande ricchezza, e potrebbe germogliare, se solo alcune risorse venissero impiegate con più attenzione. Parallelamente scorre il dramma dell’emigrazione clandestina con la condizione dei “dimenticati dal mondo”, che produce un altro paradosso tutto italiano: piaga, ma contemporaneamente risorsa che, provvidenzialmente, colma alcuni vuoti occupazionali tanto vitali quanto disattesi. È il tema essenziale intorno al quale si dibatte, e si stenta, per trovare un accomodamento giuridico soddisfacente, che attui il proposito già lanciato in versi e musica, proprio a Lampedusa, da Baglioni: “Fa che il prossimo tuo sia non soltanto chi ti è accanto, ma anche il prossimo che verrà qui”. Di laziadilampedusa
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