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Recensione La guerra civile è la seconda opera letteraria scritta da Giulio Cesare. In tre libri spiega e racconta, ovviamente dal suo punto di vista - sulla cui imparzialità sorgono diversi dubbi, essendo uno dei contendenti - la guerra civile che imperversò nel Già con La guerra gallica aveva celebrato le sue vittorie in quella sanguinosa campagna militare, con intento soprattutto apologetico, stante il contrasto che si era instaurato con il Senato della repubblica, che non approvava né la condotta, né l’estensione del conflitto. In La guerra civile il grande condottiero dà ampio spazio alle vicende militari, dal famoso passaggio del Rubicone, alle battaglie condotte in Spagna, e alla definitiva vittoria a Farsalo, dopo la quale Pompeo fu costretto a fuggire, rifugiandosi da Tolomeo, il re dell’Egitto, dal quale fu fatto uccidere. Se le descrizione degli scontri, delle tattiche e delle strategie occupano gran parte della narrazione e, grazie alla fluidità di esposizione riescono ad avvincere il lettore, è riscontrabile tuttavia il continuo tentativo di Cesare di presentarsi come uomo costretto alla lotta unicamente per i torti subiti. Così ricorrono frequentemente le proposte di pace, rimaste inascoltate da Pompeo, di cui pure l’autore evidenzia la capacità politica e militare, ma solo con l’intento di dimostrare i torti dell’avversario contrapposti alle virtù e alle grandi capacità di comandante dello stesso Cesare. Viene il sospetto che l’origine di questo libro sia proprio quella di convincere i contemporanei della validità della sua condotta, un modo per ribadire che a lui non interessava tanto il potere, ma la grandezza di Roma e il rispetto delle prerogative e dei diritti propri di quella repubblica. Sembra quasi che abbia voluto applicare la strategia che la miglior difesa è l’attacco, mettendo a disposizione dei romani un memoriale che sancisse l’estrema correttezza del suo operato, fornendo quindi le risposte prima ancora che gli venissero effettuate le domande. La vicenda, nella realtà, fini con il concludersi con un Cesare non “augusto”, ma dittatore, che esercitò di fatto un potere assoluto, e ciò dal 49 al Resta una figura di uomo singolare, grande letterato, il miglior genio militare della storia romana e anche politico di elevatissimo livello. Troppe doti eccelse in un solo uomo perché potesse governare in un triumvirato ed è per questo che si arrivò alla guerra civile. Ma non era già più tempo di Repubblica, gli ideali romani di governo si erano sfilacciati e il Senato di fatto chiedeva di non essere più la fonte primigenia del potere, ma quella secondaria, e Cesare recepì in pieno la situazione, gettando le basi per il successivo periodo imperiale. La guerra civile è un libro assolutamente da leggere. Di Renzo.Montagnoli
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