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Recensione Di Gianni Bonina mi ricordo bene – tra gli altri volumi che ha scritto e pubblicato – l’ottimo “L’isola che trema. Viaggio dalla Sicilia alla Sicilia” edito da Avagliano. Libro da leggere dalla prima all’ultima pagina, questo (come ho già avuto modo di sottolineare); soprattutto per chi ama conoscere le cose siciliane: quelle vere, non il frutto di luoghi comuni. In quel libro Bonina viaggiava dalla Sicilia alla Sicilia, soffermandosi spesso in località alternative, raccontando storie inedite, mostrandoci luoghi particolarissimi e facendoci conoscere personaggi reali che hanno il fascino e il carisma di personaggi da fiction. Il racconto di una Sicilia che forse, almeno in parte, non è nota nemmeno ai suoi abitanti. Ricordo, in particolare, il capitolo XII: “Tra Ragusa e Siracusa”. Ci ripenso adesso, in occasione della lettura di questo nuovo volume firmato da Bonina: “Il fiele e le furie - ragusa, il caso spampinato" (Hacca, 2009, euro 17, pagg. 268). Il capitolo XII del precedente libro è intitolato così: “La terra degli sperti e dei babbi”. Riporto l’incipit: “Si narra che quando i catanesi decisero di darsi il titolo di “sperti”, dovendo trovare un contraltare necessario a legittimarli – perché, come dice Pascal, senza Satana non c’è Dio – convennero di affibbiare ai siracusani il nomignolo, avrebbe detto Verga, di babbi, il cui significato dopotutto non è molto diverso da quello di “malavoglia”. E siccome Ragusa era parte della provincia siracusana, nacque d’amblée la Sicilia babba, come Minerva già in armi dalla testa di Giove, cioè bell’e pronta”. Il seguito e le conclusioni sono tutte da leggere. “Il fiele e le furie” (Hacca) riguarda proprio Ragusa. Siamo negli anni Settanta, i cosiddetti anni di piombo. Il 25 febbraio 1972 viene ucciso un ingegnere dalla vita movimentata. Un giovane giornalista comunista, che sta indagando per “L’Ora” sulle trame nere nella Sicilia sudorientale, accusa del delitto il figlio del presidente del tribunale, che lo uccide il 27 ottobre, diventando così un assassino per dimostrare di non esserlo. Poi la storia si complica, in un montare di intrecci e di reazioni causa-effetto che finiscono con il coinvolgere sempre più la città, con scontri tra parti sociali e istituzioni, società civile e stampa locale, partiti e giudici (nonché lotte intestine all’interno della magistratura stessa). Rimangono coinvolti figure come Stefano Delle Chiaie e ministri come Diliberto. Nessuno, tuttavia, saprà mai chi ha ucciso il 25 febbraio Angelo Tumino e nessuno riuscirà a stabilire il contesto nel quale Roberto Campria decide di sparare a Giovanni Spampinato in una sera di fine ottobre davanti al carcere dove si costituisce. Una storia siciliana tutta da leggere. Una storia vera e terribile di misteri irrisolti, che diventa metafora di un territorio complesso e dalle mille sfaccettature. Massimo MaugeriDi Massimo Maugeri
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