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Recensione “La coscienza è un’invenzione degli ebrei. E’ come la circoncisione, una mutilazione dell’uomo.” “Noi poniamo termine al cammino sbagliato imboccato dall’umanità.” “Non esiste la verità, né in senso morale né in senso scientifico.” Sono alcune delle massime che Hitler produceva a getto continuo, lapidarie, incontrastabili a meno che il loro creatore le facesse decadere con altre, una filosofia – ma il termine è esagerato – spicciola, frutto non tanto di un complesso processo di pensiero, quanto di improvvisazioni o di folgorazioni di cui tanto amava compiacersi. Hermann Rauschning, membro del partito nazionalsocialista e capo del governo della Città libera di Danzica nel 1933-34, ebbe, per gli incarichi ricoperti, l’opportunità di colloquiare sovente con Hitler e annotò questi dialoghi, per poi riprenderli, una volta rotto con il nazismo e riparato all’estero, e scrivere un libro che fu pubblicato per la prima volta in Francia nel 1939. Per quanto ovvio, l’opera fu proibita nei paesi dell’Asse. Pur con le riserve che possono derivare dal fatto che questi incontri con il Fuhrer avevano un carattere per lo più privato e che quindi non è possibile un riscontro diretto con quanto scritto, l’opera in sé costituisce un ulteriore prezioso tassello nella ricostruzione della figura del piccolo caporale austriaco. Non è un caso se ho ricordato l’esperienza militare di Adolf Hitler, perché fa parte della sua vita, qui non raccontata, prima di diventare fondatore del grande Reich. Militare di truppa, pittore di trascurabili qualità, una famiglia di modeste condizioni, con il peso di un padre nato illegittimo e con ascendenti probabilmente di razza ebraica, insomma Hitler non aveva molto di che esser contento per i suoi trascorsi e probabilmente un desiderio di riscatto, del tutto legittimo in verità, lo portò a cercare di raggiungere una posizione preminente. Tuttavia questo non spiega a sufficienza l’ascesa di un uomo dallo smisurato senso di onnipotenza e dalla latente profonda frustrazione, sempre pronta a esplodere, nell’eterno contrasto fra insoddisfazione e autoconvincimento della propria presunta grandezza. Il libro, oltre a ricostruire la continua evoluzione delle teorie naziste, è una fonte valida per comprendere questo contrasto caratteriale, fatto di momenti di estasi e di altri di abbattimento, che portano a evidenziare un quadro clinico di notevole complessità comprendente due distinte personalità del tutto inconciliabili. L’istruzione di Hitler è modesta, quello che apprende gli deriva da “un fai da te”, che finisce con il diventare in una mente così folle l’unica verità. E se non bastasse deve cercare una giustificazione per la sua investitura di guida della nuova umanità, in una confusione di approssimativi concetti religiosi e di vagheggiamenti esoterici, questi ultimi frutto delle idee propugnate dalla Società di Thule (cfr. dello stesso editore Il viaggiatore di Agartha). In una ridda di controsensi, inevitabili in un continuo sdoppiamento della personalità, fra alti esaltanti e bassi paurosi, possiamo così leggere l’evolversi della scalata al potere di Adolf Hitler e i prodromi di quello che avverrà da lì a pochi anni: una guerra mondiale sanguinosa, l’olocausto, l’eliminazione di milioni di cittadini sovietici, la distruzione della Germania, la fine del Fuhrer a Berlino nel bunker della cancelleria. Tutte queste sciagure sono facilmente prevedibili se si leggono con attenzione questi colloqui, più che altro monologhi del dittatore, perché è evidente, non è nemmeno nascosta la vocazione nichilista a un crepuscolo non tanto di dei, ma di folli e illusi superuomini. La lettura, appassionante, è senz’altro raccomandabile. Di Renzo.Montagnoli
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