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Robin Heidi Kennedy, il Theatre-

Metti insieme una città di grande apertura ed accoglienza come Spoleto, uno storico dell’arte di caratura internazionale come Giovanni Carandente, un formidabile ballerino-coreografo-regista quale è Jerome Robbins ed una artista delle forme con la forza espressiva della nota scultrice-scenografa Robin Heidi Kennedy ed il gioco è fatto.
Quelle che altrove sarebbero realizzazioni inimmaginabili, a Spoleto diventano eventi di ordinaria amministrazione.
Ho davanti agli occhi il catalogo realizzato dall’amministrazione comunale in occasione dell’inaugurazione della terrazza Robbins nel Teatro Nuovo di Spoleto. A parte la sobria eleganza grafica, e la bellezza delle figure che hanno una compostezza neoclassica pur nella loro lampante modernità espressiva, quello che più mi ha colpito è stata l’introduzione del sindaco uscente Massimo Brunini. Perché nel suo scritto introduttivo, aldilà dei ringraziamenti di rito, si coglie un sentimento genuino d’amore verso la cultura, la città e quanti si sono prestati per renderla più bella ed importante. Ne avessimo noi qui, di questi amministratori! Con l’inaugurazione della terrazza Robbins nel Teatro Nuovo, finalmente prende forma il sogno di Giovanni Carandente che si batteva, negli anni 59-60 sulle pagine del Tempo perché si realizzasse un tributo a Jerome Robbins. Questo geniale artista statunitense, popolare per la sua coreografia scenica di West Side Story, a Spoleto, condivise con Thomas Schippers, le prime edizioni del Festival, e contribuì col direttore d’orchestra alla felice riuscita del Festival dei due mondi. Egli, assieme alla sua compagnia di ballerini, realizzò per il festival di Giancarlo Menotti, dei balletti magistrali come quelli citati da Carandente nel suo scritto critico, e cioè Opus Jazz e Events su musiche di Georges Auric ed un altro, Moves, la cui musica è composta dai soli ticchettii dei ballerini che si muovono sulla scena immersa nel silenzio. Il sogno di Giovanni Carandente prende forma nel 2005, grazie ad un altro soggetto utile alla scena culturale di Spoleto: la fondazione Robbins di New York. Questa propose alla Kennedy, in occasione del decimo anniversario della morte del grande coreografo di origine messicana che cadeva nel 2008, la possibilità di realizzazione di una terrazza monumentale che potesse ricordare il grande Robbins, a Spoleto.
Nel 2005 il Teatro Nuovo di Spoleto era in via di restauro. Al sindaco Brunini la proposta arrivò come il cacio sui maccheroni. Si poteva realizzare in un colpo solo il sogno di Carandente, quello di Robbins, della città di Spoleto e della Kennedy. In più c’era quel bel teatro in via di restauro. Quale migliore occasione, per realizzare nel principale teatro della città, un monumento a Robbins mettendosi alla pari di Parigi che l’aveva fatto con l’Opera e di New York, con il New York State Theatre?
A questo punto entra in ballo Robin Heidi Kennedy, la scultrice di origine statunitense che più tardi (2008) diventerà cittadina italiana. La Kennedy progetta e realizza un complesso monumentale che comprende una figura in bronzo a grandezza naturale, ed un “libreria teatrale” su tre piani che fanno da palcoscenico a 28 figure.
La Kennedy ama scolpire realizzando figure dalla gestualità neoclassica che s’avvicinano molto ai busti ripescati in fondo al mare lungo le coste delle città di origine greca, di grande espressività e tensione, che rendono al meglio il moto potenziale racchiuso in esse. È quindi l’artista ideale per un complesso di sculture commemorative del balletto e di Robbins, che ne era il coreografo e che tanta parte aveva avuto nel festival ed in particolare, nel Teatro Nuovo di Spoleto. La terrazza del Ridotto è il palcoscenico ideale per il complesso monumentale perché all’aperto le sculture acquistano altra risonanza. È questa terrazza che prenderà il nome di Terrazza Robbins. È importante accennare al fatto che la Kennedy inizia la sua attività d’artista con il “ritratto”, disegnando caricature nei bar degli alberghi di Città del Messico. Non meraviglia quindi che la statua del coreografo a misura naturale sia particolarmente rassomigliante all’originale ed abbia uno sguardo vivo e vitale. È la prima figura intera scolpita dall’autrice. Fino ad allora aveva realizzato figure prive di testa, quelle che Carandente chiamava Baccanti. Essa è posta accanto alla libreria teatrale o theatre-cabinet, dove su tre ripiani, 28 figure che dal basso verso l’alto si fanno sempre più piccole per dare l’idea della profondità, rappresentano, i vari balletti di Robbins. Nel ripiano superiore diviso in tre parti, a sinistra, tre ballerini comunicano con la loro espressione la musica del silenzio di Moves, mentre al centro otto ballerini interpretano il balletto acrobatico di Opus Gez e a destra, invece, si rappresenta The Cage del 1951. Il ripiano centrale, anch’esso diviso in tre parti è tutto occupato da West Side Story. Al centro sono le figure di Maria e Tony, i protagonisti infelici, con a sinistra uno Shark e a destra un Jet. A sinistra vi sono anche altri Squali (i portoricani, Sharks) in attesa mentre a destra i Jets sembrano lanciarsi con più cattiveria. Il ripiano inferiore è diviso in due parti, perciò più capienti delle altre. A sinistra tre figure rappresentano i famosi marinai ebbri di sbornia di Fancy Free del 1958. Due di quei ballerini, Glenn Tetley e Scott Douglas, così racconta Giovanni Carandente nel catalogo, divennero cittadini di Spoleto ed abitarono una Torre sulla collina che era stata loro donata da una grande Signora spoletina, Maria Racani. Di quei ballerini, nessuno è sopravvissuto. Nella parte destra del ripiano si sintetizza un “musical” dal titolo Fiddler on the Roof. Un “musical” particolarmente significativo per Robbins perché trattava delle origini della sua famiglia. Essa proveniva dalla Russia, ai confini con la Polonia dove è ambientata la leggenda del Violinista sul tetto.
C’è da dire un’ultima cosa. Robbins è morto il 29 luglio 1998, Giovanni Carandente il 7 giugno 2009. Giovanni non ha potuto vedere il suo sogno realizzato. Speriamo che a loro due sia data la possibilità di vedere dall’alto e godere delle loro fatiche.
Salvatore Violante
comparso su Secondo Tempo -libro trentasettesimo- Marcus Edizioni, Napoli 2009

Di Salvatore Violante

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