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Lettere al Presidente

Che Franco Ferrarotti, nella sua prefazione, parli di una fase di stagnazione culturale e di onnipervasiva politica mediatica, in cui l’identità personale tende a scambiarsi con la notorietà televisiva, mi è di grande conforto, perché è quanto osservo da anni e anche ne scrivo. Se un sociologo del suo calibro è pervenuto a una simile conclusione, vuol dire che non è un problema avvertito solo da me, o magari supposto, ma è realtà, è concretezza di una situazione che peggiora di giorno in giorno.


Il prof. Ferrarotti fornisce una spiegazione di questo libro alla luce dell’interesse, ormai pluriennale, in ordine a una revisione della Carta Costituzionale, con particolare riguardo alla seconda parte, cioè a quella successiva ai Principi Fondamentali su cui si regge, o dovrebbe reggersi, il nostro Stato.


Il titolo, peraltro, prende spunto da una Lettera aperta al Presidente (all’epoca Cossiga) pubblicata sull’Unità del 24 luglio 1990.


Considero questa indicazione di finalità un forte richiamo, poiché si ricomprendono nel libro numerosi editoriali, pubblicati soprattutto sull’Unità, nel periodo 1975 – 2004, sui quali dovrebbero non poco riflettere i tre ex Presidenti della Repubblica, onde poter esprimere la loro saggezza in un’epoca, quale l’attuale, in cui la politica ha raggiunto il suo apice congiunturale.


Oltre la succitata lettera, ci sono numerosi articoli,  anche con critiche all’allora Partito Comunista, con escursioni in campo letterario o proprie della materia di Ferrarotti, insomma un insieme di pezzi di tematiche diverse che, secondo me, non sono stati inseriti a caso, tanto per riempire le pagine, ma che sono un po’ la storia del nostro paese, per dimostrare che situazioni e problemi non nascono mai di colpo, ma hanno gestazioni di non breve durata.


Significativo in questo senso è l’editoriale dell’Unità del 18 dicembre 1990 intitolato La Sicilia sola. C’è da vergognarsi ad ogni terremoto. L’abbandono, o meglio la mancata partecipazione di membri dell’esecutivo alle esequie delle vittime e la generale indifferenza per la sorte dei superstiti offre la misura del progressivo scollamento della classe politica italiana dalla realtà del paese.


Già però l’articolo comparso su L’Unità il 30 ottobre dello stesso anno, con il quale Ferrarotti ammette di aver sbagliato polemizzando con Pier Paolo Pasolini in ordine all’appassionata denuncia del poeta di “questo paese orrendamente sporco”, è sintomatico di una presa di coscienza in chi si accorge dell’intollerabilità del marciume che regna sovrano in Italia. Soprattutto, c’è la dolorosa conclusione di un’impossibilità di salvezza alla luce di una dilagante corruzione a tutti i livelli e riguardante ogni partito politico. Si parla dello scandalo della ricostruzione in Irpinia dopo il terremoto e sul fatto che probabili accordi - come poi è accaduto - fra governanti e le altri parti politiche, possa mettere tutto a tacere. Già allora l’opposizione non era tale, già allora si poteva individuare un’oligarchia che soffoca ogni regime democratico, già allora, in buona sostanza, era prevedibile l’oggi.


Lettere al Presidente diventa quindi un’analisi spietata della struttura del nostro paese, della sua classe politica, ma anche dell’accondiscendenza di tutti gli italiani, e i mali non si guariscono se non c’è la volontà almeno di tentare di curarli.


Un saggio sicuramente da leggere.


    

Di Renzo.Montagnoli

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