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Recensione Leonardo Sciascia Nel Candido di Voltaire il suo educatore Pangloss gli rammenta che “questo mondo è l’ottimo dei mondi possibili”, nonostante tutto aggiungo io. E secondo Montesquieu, “un’opera originale ne fa nascere quasi sempre cinque o seicento altre, queste servendosi della prima all’incirca come i geometri si servono delle loro formule” . In questo modo Leonardo Sciascia trae spunto dal romanzo filosofico di Voltaire per scriverne uno lui stesso, a cui dà come nome Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia. In ogni caso, da un autore dotato di forte personalità come Sciascia è lecito attendersi qualche cosa di ampiamente diverso dall’opera letteraria che l’ha ispirato e infatti questa è solo il punto di partenza, la scintilla creativa che dà origine a un incendio culturale di grande portata. La vicenda di Candido Munafò, nato nel E’ talmente diverso, talmente cristallino e alieno dal più piccolo gioco d’interesse da costituire una vera e propria mina vagante che dove passa lascia il segno, una sorta di morbo di cui una società imbastardita da connivenze, interessi particolari e lotte di potere ha più che un vero e proprio timore, ha il terrore, tanto da considerarlo un mostro. Ma Candido non esisterebbe se non ci fosse la presenza di un uomo tormentato da tale situazione, che è cosciente dei difetti macroscopici della società, ma che è costretto ad accettarli, quasi che questo mondo fosse il migliore di quelli possibili. E’ il suo istitutore, Don Antonio Lepanto, prete che verrà espulso, verrà insomma spretato, e che per forza di cose deve approdare a un’altra chiesa, cioè il Partito Comunista, dove, pur accorgendosi di tutte le contraddizioni nefaste, rimarrà, perché al di fuori di questa struttura per lui non c’è salvezza. Candido è talmente immune da secoli di irreggimentazione dell’umanità che non è comunista ideologicamente, bensì naturalmente, tanto che non concepisce che possa esistere la proprietà e lui stesso, che per eredità di terreni ne ha tanti, cerca in tutti i modi di liberarsene per darli ai contadini, proposito che, avanzato nella sede del partito comunista, viene prontamente ostacolato. Il ragazzo, ormai maggiorenne, finirà per abbandonare le ideologie strutturate e burocratizzate dall’uomo per tornare all’aspirazione naturale, all’anarchia. Questa sarà una strada non breve, con una meta irraggiungibile, ma lui, lasciata prima Sarà così che a Parigi incontrerà la madre che in pratica non vedeva da quando era infante e che vorrebbe portarlo con sé in America, dove vive da tanto tempo. Candido Munafò, però, declina e le risponde: “ Qui si sente che qualcosa sta per finire e qualcosa sta per cominciare: mi piace vedere quel che deve finire “ e Don Antonio Lepanto, che è presente, conferma “Hai ragione, è vero: qui si sente che qualcosa sta per finire, ed è bello …Da noi non finisce niente, non finisce mai niente….”. Di tutti i romanzi di Sciascia questo è senz’altro quello che preferisco, sincero, a tratti anche commovente, per nulla greve, ha la magia di un sogno, appunto di un sogno fatto in Sicilia. Di Renzo.Montagnoli
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